Il prezzo del Bitcoin è sceso al suo livello più basso dalla primavera del 2013. Un balzo indietro di quasi due anni sulla sua evoluzione dopo un 2014 già sofferente, quando ha perso più del 60% del suo valore diventando la moneta con la peggiore performance al mondo. Da oltre mille dollari, ora una singola crittovaluta vale meno di 200 dollari e anche nel mondo dei miners pare si sia acceso l’allarme.
Una crittomoneta non risponde alle comuni logiche della moneta tradizionale, tanto che per i suoi sostenitori è sempre stato più importante il volume di scambi che non la sua reputazione come moneta stabile. Tuttavia, quando i prezzi crollano in mondo insensibile rispetto agli scambi, significa che da qualche parte c’è un grave problema di sicurezza e gli operatori e l’industria commerciale che stanno lavorando con questo strumento si stanno adeguando a una tendenza negativa che si ritiene destinata a prolungarsi nel tempo.
The latest Bitcoin Price Index is 225.57 USD http://t.co/lzUu2wQqYR pic.twitter.com/eqYbTaNUHo
— CoinDesk (@CoinDesk) January 15, 2015
Insicurezza genera insicurezza
Quello che sta succedendo è che molti miners, che avevano scommesso su un prezzo più alto della valuta virtuale per pagare le ingenti spese energetiche necessarie, da tempo stanno vendendo i loro Bitcoin per mantenere in saldo positivo l’attività e questo sta portando più valuta sul mercato. In pratica c’è voluto del tempo, ma la fame energetica della produzione concreta del bitcoin si è messa alla base di una crisi di fiducia mai vista nelle possibilità economiche del protocollo. I primi segnali si sono subito notati: nei giorni scorsi alcune piattaforme hanno sospeso temporaneamente gli scambi, mentre ci sono già spiacevoli controversie tra startup bitcoin-based e i loro investitori. Resta da dire che i grandi wallet e le piattaforme di scambio sono ancora molto capitalizzate.
Importa il suo utilizzo
Lo ha scritto con molta intelligenza il blog di MoneyFarm: Bitcoin non è per i piccoli investitori, è per ora una delusione, ma se se si guarda al protocollo non come a una commodity bensì come a una certificazione abilitante di un nuovo asset digitale, allora la visione d’insieme resta positiva. La crittomoneta non sta passando un buon periodo se la si vede come speculazione, mentre il CES e i mercati dell’innovazione sono pieni di esperimenti sulle crittovalute. È ancora disruptive.