Il Codacons vuole “vederci chiaro” sui Bitcoin. E ci mancherebbe. Ma c’è dell’altro dietro l’esposto inviato a 104 procure di tutta Italia: c’è da una parte il timore, quasi atavico, nei confronti di un qualcosa di potenzialmente sovversivo nei confronti dello status quo dell’economia; dall’altra c’è il grande spazio di manovra lasciato a questi timori, fatto di hype e di intenso profumo di opportunità; nel mezzo, tra le righe, c’è il buon senso di quanti vogliono giustamente certezze, tagliando le fronde dove sbocciano truffe ed eliminando il palcoscenico di cui potrebbero approfittare faticenti esperti o noti imbroglioni.
Non è in discussione il Bitcoin, perché non potrebbe esserlo del tutto, e sarebbe poco corretto leggere nei timori del Codacons una accusa diretta alla criptovaluta di cui parla tutto il mondo. In discussione c’è semmai il modo in cui il Bitcoin è percepito, il modo in cui è presentato, il modo in cui il risparmiatore approccia la tematica. Se da una parte appare dunque risibile l’iniziativa dell’associazione per la difesa dei consumatori (sia per il quantitativo di esposti portati avanti, sia per il linguaggio adottato in taluni passaggi: «il Codacons ha dunque chiesto a 104 Procure di verificare e identificare coloro che hanno emesso i Bitcoin sul territorio nazionale»), dall’altra è certamente il caso di iniziare a pensare alle conseguenze di questa grande ondata. Soffermarsi sul tema bolla/non-bolla è infatti cosa successiva, non prioritaria: prima c’è da capire quale sia la percezione dei Bitcoin da parte del consumatore comune. Percezione tirata per la giacchetta dallo stesso esposto del Codacons, che in sé poco fa per smussare le paure e molto sembra preposto a cavalcarne il sentore più che l’essenza:
A destare allarmismo e preoccupazione su possibili fenomeni speculativi e possibili truffe si celerebbero – alla luce delle caratteristiche enunciate tipiche del Bitcoin e del BlockChain […] – non solo sistemi, trader e piattaforme non regolarizzate e il proliferare di molti siti che presentano strategie, trucchi e tools per guadagnare con questo strumento, in alcuni casi si tratta di risorse interessanti, in altre di vere e proprie truffe, ma anche il serio rischio che tutto questo sistema possa rivelarsi uno strumento della criminalità organizzata per nascondere o riciclare denaro.
Impossibile non allinearsi alla richiesta di “vederci chiaro”, ma al tempo stesso non bisogna indagare solo sulla base di timori, hype giornalistico o irrazionalità: monitorare la nuova giungla che sta proliferando attorno al Bitcoin è doveroso e sano, purché il tutto venga portato avanti dotandosi dei giusti strumenti e di corretti parametri di valutazione.
Questione di educazione finanziaria
L’Italia è tra i paesi con la minor educazione finanziaria a livello europeo, ma al tempo stesso è notoriamente un paese attratto dal gioco d’azzardo: trasformare le peculiarità tecniche della Blockchain in elemento magico su cui coltivare le proprie speranze di un futuro migliore è dunque cosa relativamente semplice, sulla quale da tempo ormai sbocciano offerte, guide, video, tutorial e molto altro ancora. Ma il passaggio è inevitabilmente delicato: in ballo c’è denaro e dietro al denaro ci sono famiglie, futuro, risparmi. Se questo è il quadro della situazione, perché non “vederci chiaro” ed evitare che sedicenti stregoni dell’economia possano far danni? Perché lasciare che il tema sia spremuto da esperti di social network, più che da riferimenti sicuri, competenti ed in grado di fornire informazioni solide invece che vuote speranze?
Al tempo stesso occorre mettere al bando anche le controdeduzioni di quanti ricordano come nemmeno delle banche bisogna fidarsi, che proprio le banche hanno venduto subprime e bond argentini, che proprio dalle banche bisogna fuggire. Il dibattito sulla bontà del Bitcoin non può diventare una questione insurrezionale, altrimenti di economico c’è poco e ancora una volta si rifugge il cuore del problema. Certo le associazioni dei consumatori avrebbero potuto “vederci chiaro” prima anche in altre situazioni, ma piangere sul latte versato (da Parmalat in poi) non sarà certo d’aiuto.
In fin dei conti ben venga l’iniziativa del Codacons, quindi, perché “vederci chiaro” dovrebbe essere il centro degli interessi del risparmiatore: se non altro l’esposto valga da utile campanello d’allarme, nell’auspicio che chi prenderà in mano queste carte (il cui linguaggio ed i cui contenuti già non sembrano indirizzati nella giusta direzione) eviti di mettere al bando il mining e affronti il tema con quelle stesse competenze di cui si va a indagare.
Vederci chiaro per capire, per maturare senso critico, per credere nell’innovazione senza lasciarsi abbindolare dalla fuffa. Perché il Bitcoin non è né un’occasione per arricchirsi in modo smodato, né un tranello pensato per il riciclaggio del denaro, per le truffe e per l’implosione di una nuova bolla finanziaria: solo chi saprà capire la Blockchain, le dinamiche del Bitcoin e le peculiarità delle altre criptovalute potrà realmente approfittare di questo nuovo strumento al fianco di qualsivoglia ETF, Bond, Azione, Obbligazione o Buono Postale. Se è vero che gran parte dei consumatori non è in grado di capire il significato vero di un semplice tasso di interesse, abbandonare il consumatore stesso di fronte a pagine Facebook che preannunciano la mirabolante crescita del Bitcoin e le prospettive milionarie di chi ci va ad investire significa generare sia l’illusione che la resistenza: pulsioni uguali e opposte ad una realtà dalla quale in ogni caso si rifugge, rischiando di non coglierla appieno e di restare, ancora una volta, in ritardo.