È la parola sulla bocca di tutti in questi giorni: Blekko. Il motore di ricerca che ti agevole fornendo meno informazioni. No, non è una contraddizione, è l’idea al centro di questo progetto che cerca di valorizzare le reti sociali negli esiti delle ricerche sul Web. È finito lo strapotere degli algoritmi?
In questi anni se ne son visti tanti di progetti per fare qualcosa di diverso rispetto a Google, ma nessuno prima d’ora aveva stimolato il dibattito tanto da meritare il plauso di Mountain View. Che, con la nonchalance che lo distingue, ha già detto di apprezzare un po’ di concorrenza.
Blekko sta facendo parlare molto di sé, nonostante sia attivo soltanto da pochi giorni, perché ribalta la prospettiva di questi motori: invece di cercare di catturare il più possibile, cerca di non bombardare l’utente con troppe informazioni. E per farlo considera le valutazioni degli utenti stessi rispetto a certi argomenti. Tre anni di lavoro e 24 milioni di dollari dopo, questa prospettiva è realtà.
Il fondatore, Rich Skrenta, racconta sul New York Times le caratteristiche della sua creatura:
L’obiettivo è di ripulire la ricerca Web e tenere fuori tutto il superfluo (…). Il motore di ricerca è già in grado di fare meglio di Google.
Prima di sobbalzare sulla sedia, cerchiamo di contestualizzare la frase: Google resta inavvicinabile, al momento. Però Blekko ha fatto una scelta originale, proprio perché Google è universale e tende a raccogliere moltissime cose frutto di articoli e inserzioni a basso costo, fatte apposta per aumentare artificialmente la credibilità di certi siti.
Blekko invece ha deciso di avvalersi della partecipazione degli internauti, invitati a indicare tutti i contenuti che ritengono più validi. Questo elemento umano nella ricerca, seleziona un elenco di fonti e ripulisce dal resto. E fa bene il suo lavoro in sette sezioni: salute, ricette, auto, alberghi, testi di canzoni, finanza e università. Considerate troppo inquinate da spazzatura Web o da interessi economici.
Una caratteristica di Blekko è l’uso degli “slashtag“, stringhe di parole separate dalla barra, anziché dalla virgola, che permettono di raffinare la ricerca. Uno strumento che esalta le qualità del motore in senso verticale, di profondità e non di estensione.
Ma la vera fortuna di questo nuovo motore potrebbe essere il semplice fatto che stimola i social newtwork, li porta fuori invece di guardarci dentro, e punta il dito contro una certa opacità del funzionamento degli algoritmi di BigG.
Ad esempio, Blekko offre dati come il numero di link in ingresso di un sito, la loro provenienza, e l’ultima volta che il motore ha visitato il contenuto del sito. Il risultato di tutto questo dovrebbe essere un sistema che riduca di decine di volte il numero delle pagine suggerite, centrando gli interessi di chi fa una ricerca.
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