Per chi non ne fosse a conoscenza, gli easter egg sono quelle piccole funzionalità, talvolta semplicemente dei simpatici extra, che sviluppatori e software house di tanto in tanto inseriscono nei propri servizi o prodotti. Non hanno una vera utilità, se non quella di risultare divertenti e simpatici. Google ne è pieno. Nei giorni scorsi ha fatto la sua comparsa in Rete l’ultimo di quelli scoperti, un omaggio al tag <blink>, che per chi ha a che fare con l’ambito Web richiama alla mente un elemento parecchio in voga negli anni ’90, ora giustamente (e finalmente) abbandonato.
Per vederlo in azione basta aprire il motore di ricerca e digitare “blink html”, oppure “blink tag”. Immediatamente la pagina dei risultati prende vita, con i termini digitati che lampeggiano all’interno della SERP. Una piccola nota tecnica: per ottenere l’effetto bigG ha fatto ricorso ai CSS3, non essendo più il tag ufficialmente supportato dai browser moderni.
La paternità del tag <blink> è attribuita a Lou Montulli, programmatore che durante il percorso di studi alla University of Kansas contribuì alla nascita di Lynx. Ecco il suo racconto su come sono andate le cose.
Una sera, ad un certo punto, ho detto che mi sembrava triste il fatto che Link non potesse visualizzare molte delle estensioni HTML che ci eravamo proposti di implementare. Ho anche parlato di come l’unico stile applicabile al testo era una sorta di lampeggiamento. Ci siamo fatti una grande risata, pensando a quanto sarebbe stato assurdo. La mattina seguente sono entrato in ufficio e ho trovata una schermata visualizzata ad intermittenza. Ad uno degli ingegneri l’idea era piaciuta a tal punto da lasciare il bar in cui si trovava dopo mezzanotte, tornare di fronte al monitor e passare l’intera nottata a creare il tag <blink>. Era ancora lì al mattino, piuttosto orgoglioso del risultato.
Come già detto, oggi l’elemento è guardato con disgusto da qualunque programmatore abbia un minimo di sensibilità nei confronti degli standard Web e dei criteri riguardanti l’accessibilità. Per capirne il motivo basta citare quanto riporta la pagina ufficiale del W3C alla voce “esempi”.
No, davvero, non utilizzatelo. È semplicemente il male.