Il Presidente della Camera USA Nancy Pelosi aveva annunciato in Dicembre una riforma del lobbying destinata a combattere la corruzione degli ambienti politici, dove quest’attività è istituzionalizzate e regolata da apposite normative. Come effetto collaterale, il provvedimento potrebbe condizionare l’attività dei blogger che trattano temi politici.
Uno dei punti centrali della riforma riguarda infatti il ‘grass roots lobbying’, una particolare tipologia che prevede la mobilitazione di massa dell’elettorato, invitato dai lobbisti a bersagliare i rappresentanti politici con le proprie opinioni su un determinato tema. Per quest’attività è prevista una ridefinizione che porterebbe ad includere in essa anche i singoli cittadini che si rivolgono all’opinione pubblica tramite i propri blog, costringendoli a registrarsi ufficialmente come lobbisti. Secondo la legge, un ‘grass roots lobbist’ è identificato come tale solo se riceve un compenso pari almeno a 25 mila dollari a trimestre, un vincolo labile che potrebbe benissimo riguardare anche un blogger che guadagna un simile importo grazie alla pubblicità venduta sul suo sito. Il concetto è espresso chiaramente da Mark Fitzgibbons dell’American Target Advertising, che ha indetto una petizione contro il provvedimento, accusato di minare il Primo Emendamento: i detrattori sono infatti convinti che la riforma metterà in serio pericolo la libertà di parola, deteriorando il sano dibattito politico fondamentale per la democrazia.
La portata del probabile cambiamento aumenta considerevolmente se si consulta una ricerca recentemente pubblicata da Nielsen//NetRatings che evidenzia l’enorme crescita dei blog appartenenti ai quotidiani online.