Forse ha ragione Derrick De Kerchove quando afferma che i blog sono
un fenomeno "tuttora in divenire e, pertanto, di difficile approccio".
Ma è indubbio che, nel tentare un’analisi globale, alcuni punti fermi emergono.
Il merito principale del convegno Culture Digitali, svoltosi a Napoli nella
giornata di venerdì 4 giugno, è proprio quello di aver messo a fuoco
queste linee di tendenza consolidate, senza cadere nella retorica della ‘rivoluzione’
e in quella contraria dello svilimento a tutti i costi.
Che il sistema dei blog abbia nella pluralità di voci e punti di vista
uno dei suoi punti di forza è, ad esempio, un dato di fatto ormai accettato.
Da qui ha preso la mosse la relazione di Paolo Valdemarin, CEO di Evectors, e
su questa traccia si sono inseriti gli altri interventi.
Jacopo De Michelis, curatore della collana Black di Marsilio, ha correttamente
contestualizzato l’emergere dei blog nell’ambito di un fenomeno più ampio,
quello della ‘dilettantizzazione di massa‘. Si tratta di un processo reso
possibile dalla disponibilità a bassi costi di tecnologie prima riservate
esclusivamente ai professionisti dei diversi settori dell’universo dei media.
Pubblicare le proprie opinioni sul Web richiede oggi solo i costi di connessione,
mentre sono state abbattute anche le barriere un tempo rappresentate dalle difficoltà
tecniche (conoscenza di strumenti e linguaggi del web publishing). Scattare una
foto da un cellulare e renderla pubblica è questione di secondi. La produzione
e l’editing di un video digitale di qualità è di gran lunga più
semplice di appena 5 anni fa. L’impatto potenziale su strutture consolidate e
‘forti’ come quelle dei media tradizionali o della politica è indubbiamente
enorme. Se poi alla tecnologia a basso costo si aggiungono passione e competenza,
ecco che emerge, come ricorda lo stesso De Michelis, il pro-am, il professional-amateur,
"una figura intermedia tra professionista e dilettante che secondo Charles
Leadbeater è una forza crescente nell’economia culturale e giocherà
un ruolo sempre più importante nell’innovazione in diversi campi".
Che ruolo possono giocare, ad esempio, i blogger nel mercato editoriale? Possono
davvero sostituire la critica tradizionale nell’indirizzare gusti e acquisti dei
lettori? Conterà più l’auctoritas del critico riconosciuto
e di professione o il consiglio del dilettante che si è guadagnato una
solida reputazione e di cui dunque ‘mi fido’ (magari perché lo so disinteressato
ed estraneo ai meccanismi del mercato)? Difficile dirlo, ma è sicuramente
vero quanto evidenziato da Alessandro Zaccuri, giornalista di Avvenire,
nella sua relazione: il ‘potere’ diventa reale e riconosciuto quando è
in qualche modo misurabile, quando si possono verificare le conseguenze del suo
esercizio. L’esperienza di ‘controinformazione’ del piccolo esercito di critici/blogger
rischia, nelle parole di Zaccuri, "di essere confinata ai margini del mainstream
editoriale, in quanto ancora non valutabile in termini economici e commerciali
(quante copie spostano i
blog, ammesso che ne spostino?)".
Di blog e politica e dei molteplici modi in cui questo binomio può essere
declinato, hanno discusso, tra gli altri, i due ospiti stranieri del convegno.
Joi
Ito ha raccontato della sua esperienza all’interno del board di consulenti
che hanno partecipato alla campagna del senatore Howard Dean, quello che ad un
certo è sembrato poter diventare il primo candidato alla presidenza spinto
da un movimento nato sulla Rete. Dopo di lui, Loic
Le Meur, di Six Apart Europe, ha prima parlato dei 10
motivi per cui un politico dovrebbe aprire un blog, per poi fornire un paio
di esempi interessanti di uso politico dei blog. Il primo è quello del
blogger greco che usa il suo sito come una sorta di archivio delle promesse fatte
e quasi mai mentenute dei politici. Il secondo quello di un cittadino francese
che ha fatto del suo blog uno strumento di controllo severissimo e pungente dell’amministrazione
comunale del suo paese, Monputeaux, andando anche incontro per questo motivo ad
una serie di problemi giudiziari. Se, insomma, l’esperienza Dean ha mostrato diversi
limiti dello strumento come catalizzatore di consensi verso una persona, il blog
può costituire un formidabile sistema al servizio della trasparenza, un
ruolo da watchdog, di controllo, ma anche, per le sue stesse caratteristiche
tecniche, un eccellente amplificatore di idee, una sorta di piattaforma per il
dibattito critico nel terzo millennio.
Senza ricadere in trite contrapposizioni e nell’inutile dilemma sul fatto
se i blog siano o no giornalismo, il convegno si è concluso con un bella
discussione intorno al tema che da sempre accompagna l’evoluzione di questo strumento.
Beppe
Caravita, giornalista del Sole 24 Ore e blogger prolifico e impegnato
come pochi, ha mostrato come il blog possa rappresentare un modo per continuare
a fare giornalismo altro e alto, con l’inchiesta, l’approfondimento, l’offerta
continua di nuove risorse e punti di vista. Nel suo intervento, come in quelli,
ottimi, di Luca De Biase e Antonio Sofi, la prospettiva che emerge non è
quella della contrapposizione, ma dell’utile e proficua complementarietà.
Le relazioni complete e gli abstract presentati a Napoli sono disponibili sul
sito ufficiale del convegno.