Blogger o giornalisti? La domanda è lecita e lo è sempre di più nella misura in cui le due categorie vanno sfumando ed i limiti tra le due entità si fanno confusi. La domanda è stata posta da una ricerca condotta da PR Week e PR Newswire, cercando una risposta proprio da coloro i quali vivono sulla loro pelle questa ambiguità: blogger, giornalisti e professionisti delle Public Relation.
I numeri esprimono un trend: il blogger si sente sempre di più giornalista. Le cifre indicavano lo scorso anno una affinità pari al 33%, cifra salita ora al 52%. Ciò nonostante soltanto il 20% di essi riesce a guadagnarsi di che vivere tramite l’attività di blogging. Insomma: il blogger si sente giornalista in quanto a titolo, attività ed identificazione, ma in realtà non agisce a titolo professionale ed il sondaggio esprime più una sensazione che non una concreta manifestazione. Inutile confrontare il dato (partorito da una indagine USA) con la situazione italiana, ove la presenza di un vero e proprio albo professionale separa nettamente il giornalista da chi non lo è lasciando così la categoria dei blogger in un sottoinsieme alternativo.
La categoria dei blogger (la cui definizione non è comunque stata fornita) opererebbe con forte attenzione a tutti quelli che sono i canali informativi online: dai siti Web ai social network, passando per la rapidità di Twitter e tutto quel che è microblogging. Il confronto con il giornalista del mondo cartaceo, la differenza sostanziale è proprio nell’uso dei nuovi strumenti. L’esempio di Twitter è calzante: lo usano come fonte di ricerca il 64% dei blogger ed il 36% dei giornalisti. Ed i numeri esprimono peraltro una realtà quasi ovvia, pur se importante: chi è maggiormente avvezzo alla rete tende ad utilizzare più proficuamente gli strumenti che trova in questo contesto, così come i giornalisti tradizionali tendono ad utilizzare gli strumenti su cui hanno sviluppato le proprie abitudini e le proprie capacità. In Italia l’idea di un giornalismo “elevato” e qualitativo, certificato pertanto da un albo dedicato, ha portato addirittura a consigliare particolare attenzione nei confronti della rete in quanto fonte poco affidabile e scarsamente verificabile: un consiglio all’apparenza valido ed importante, ma nella realtà espressione di una scarsa fiducia nei confronti dei criteri di giudizio propri della categoria.
I professionisti delle PR, però, sembrano misurarsi ancora con canali tradizionali e consolidati: nonostante il passaggio progressivo ai social network, le informazioni vengono ancora in larga parte veicolate tramite email: nel 74% dei casi il canale prediletto è la posta elettronica, ma il forte cambiamento che anche quest’ultima sta avendo in rapporto al mondo “social” potrebbe presto cambiare consuetudini consolidate e pratiche di comunicazione oliate dall’esperienza e dall’affidabilità dei contatti intessuti nel tempo.