Per la censura cinese affrontare il mondo dei blog sta diventando operazione sempre più improbabile. Ne è dimostrazione una nuova iniziativa con cui il paese orientale potrebbe tentare l’ultima carta per imbavagliare definitivamente la propria blogosfera, mossa che scatena però immediati dubbi e sicure perplessità. Spiega Reuters: «la Società cinese per Internet ha raccomandato al governo che venga chiesto ai blogger di usare i loro veri nomi nelle registrazioni dei blog. Lo hanno riferito oggi media di Stato, ultimo tentativo di imporre regole al mondo dei contenuti web che va a ruota libera».
Xinhua attribuisce tali dichiarazioni a Huang Chengqing, segretario generale ISC (Internet Society of China). Tale provvedimento permetterebbe a qualunque utente cinese di scrivere sotto pseudonimo, purchè il nick possa essere ricollegato ad una identità univoca retrostante a cui attribuire eventuali responsabilità in caso di comportamento non congruo con le legislazioni in vigore nel paese.
In Cina sono oggi circa 17 milioni i blogger attivi. La nuova iniziativa sembra voler dare un nuovo giro di vite alla libertà di espressione online, al punto che da più parti il progetto è stato visto come fortemente violento nei confronti della libertà di parola (più di quanto non lo sia il già critico sistema attuale). La blogosfera catalizza in Cina un valore intrinseco che va ben al di là del solo aspetto tecnologico, incarnando una pressione culturale che inizia a sortire i primi effetti: la censura ha bisogno di nuovi strumenti, o non può reggere a lungo a tale pressione.
« […] se la Cina vuole standardizzare e sviluppare la sua industria blog» dovrà affrontare quanto prima questa sfida. All’appello di Huang Chengqing, dunque, sta solertemente rispondendo il piano istituzionale ed un provvedimento legislativo specifico sarebbe infatti già in fase di stesura. Tale aspetto è rilevato da RedHerring tramite una fonte interna al ministero cinese per l’industria dell’informazione. L’articolo fornisce inoltre l’opinione di alcuni imprenditori impegnati nel settore, secondo i quali la manovra non farà altro che incoraggiare i blogger a migrare verso piattaforme estere di blogging aggirando così in qualche modo la legislazione ed i vincoli locali.