Se il futuro del computing per il mondo delle automobili è cosa tanto certa quanto ancora ben poco esplorata, BMW dimostra però di avere le idee chiare: intende investire nel settore, intende cercare partner a cui affiancarsi in questo percorso di ricerca, intende partire da un presupposto open source. Al momento tutto si esaurisce in una sorta di appello privo di risposte, ma sembrano al contempo esserci le prime prese di posizione interessate.
Il computing in ambito “automotive” ha grandi potenzialità. Grandi gruppi se ne sono già accorti anzitempo, ma ancora sembra mancare un modello che faccia da volàno per pilotare l’innovazione nel settore. Il contesto racchiude le potenzialità dell’esperienza musicale nell’abitacolo, l’utilità di sistemi di navigazione intelligenti, controlli incrociati sull'”hardware” del veicolo, sinergie utili a facilitare la guida. La grande ricchezza di potenziale inespresso è forse la prima delle motivazioni che hanno spinto BMW a scegliere anzitutto un modello open source. Secondo la casa tedesca, infatti, «i modelli proprietari non garantiscono una sufficiente rapidità di innovazione», ma al tempo stesso il gruppo non intende intraprendere questa strada senza prima aver verificato l’interesse altrui.
Chrysler, Ford, General Motors e Honda hanno per ora solo ascoltato, partecipando alla Automotive News senza però “salire a bordo”. Toyohei Nakajima, ingegnere Honda, ha lasciato intendere come la questione sia spinosa ed un eventuale accordo non possa prescindere dalle specifiche responsabilità nella definizione dell’architettura del sistema. Compatibilità, potenzialità e interessi reciproci, insomma, potrebbero fare la differenza nel maturare o meno un concept ad hoc in coabitazione su più gruppi. Più possibilista la General Motors: Chris Thibodeau, responsabile del gruppo USA, spiega che entro 6/12 mesi sarà presa una decisione: nessun accordo è già stato messo nero su bianco, ma il potenziale del progetto sembra generare sufficiente interesse. BMW, da parte sua, ha un obiettivo preciso e dichiarato: offrire un primo prototipo organico di computing per l’automobile su almeno 200 mila veicoli entro i prossimi 5/7 anni.
I primi esperimenti in tal senso hanno preso il via soprattutto nel contesto musicale: l’iPod, ad esempio, ha conquistato le Mercedes mentre Microsoft ha trovato premiata collaborazione a bordo delle Fiat (tramite il modulo Blue&Me). Il mondo dei navigatori è al momento più distaccato, mentre poco altro è al momento stato portato in automobile per poter offrire in questo particolare contesto i vantaggi ottenibili dalla rete. In futuro si potrà pensare a navigatori intelligenti che usino l’automobile tanto come “periferica” di output quanto come “sensore” di input per meglio veicolare in traffico, nel frattempo però il problema è a monte: il mondo dell’automotive ha bisogno di identificare un modello sul quale far crescere le successive iniziative in merito.
BMW ha lanciato l’idea. Se son rose fioriranno, il resto sarà in divenire. Una cosa è certa: le aziende interessate ad offrire servizi sulle automobili (si può pensare a Google come a Yahoo, a Microsoft come ai carrier telefonici) non tarderanno a portare la propria voce nel dibattito, tentando così di veicolare nuove cordate e nuove partnership per plasmare il progetto generale in base a quelle che sono le necessità espresse dal mercato. I modelli proprietari, poi, non tarderanno a far la voce grossa: Apple ha ad esempio intrapreso da tempo approfondite discussioni con i tecnici Volkswagen attorno ad una ipotetica iCar alla quale il modello open source di BMW potrebbe solo porsi in alternativa.