Nella serata di ieri la Camera dei Deputati ha bocciato l’emendamento “FAVA“. Con 365 voti contrari è stato affossato un testo che prevedeva la responsabilizzazione degli Internet Service Provider nel caso in cui non fosse stato rimosso uno specifico contenuto online non tanto su segnalazione della magistratura (come previsto ad oggi), quanto piuttosto a seguito di semplice segnalazione della persona interessata dal contenuto stesso.
Quella che in molti hanno ribattezzato (a torto o a ragione, ma probabilmente con un pizzico di superficialità) come la “SOPA italiana”, oggi passa in archivio accompagnata da uno strascico polemico. Il voto contrario è giunto da uno schieramento trasversale in grado di mettere assieme FLI, IDV, PD ed altri gruppi parlamentari. A poche ore dal voto occorre tener traccia di alcuni punti di vista fondamentali, rappresentanti le diverse parti in causa e probabilmente pronti ad essere richiamati in ballo quando una nuova “Fava” tornerà a fare capolino.
Ed occorre partire dall’avv. Tozzi, le cui parole sono state pubblicate proprio sul sito dell’on. Fava:
Poiché le nuove sfide tecnologiche al diritto di autore sono state poste proprio dalla convergenza tra informatica e telecomunicazioni – che consente la riproduzione digitale delle opere ed il trasferimento dei dati in maniera capillare ed a costi sempre decrescenti, permettendo così a chiunque di “impadronirsi” delle opere altrui – appare chiaro come bisogna ricondurre a sistema il ruolo e dunque la responsabilità dei provider. L’offerta lecita – a discapito della c.d. pirateria – potrà infatti trovare concreto sviluppo solo quando sarà possibile avere un corpus omogeneo di previsioni normative a tutela degli autori ed a garanzia dei diritti di accesso alla conoscenza per i fruitori. Al contempo bisogna poi che, non solo il giurista ma anche, il cittadino in quanto tale si ponga in una diversa prospettiva, facendo si che la rete non sia una selvaggia terra di nessuno ma venga considerata quale una delle tante espressioni dell’essere umano, soggetta alle normali regole del vivere civile. Quanto sopra potrebbe portare ad una generale presa di coscienza con un mutamento radicale nell’approccio al problema non solo da parte dei Tribunali (che, si è visto, hanno sufficienti basi per un nuovo indirizzo di efficace contrasto a chi abusa delle nuove tecnologie) ma anche dei consumatori che potranno comprendere come la tutela della cultura risieda anche nella salvaguardia della proprietà intellettuale e nella remunerazione degli autori e dei loro aventi causa. Fino a che non vi sarà tale mutamento, culturale prima che giuridico, non sarà infatti possibile risolvere efficacemente alcuna problematica del diritto d’autore nel web.
Di medesimo segno anche il punto di vista di Confindustria Cultura Italia, il cui presidente Marco Polillo esprime vivo rammarico per quella che è considerata come una “occasione persa”:
L’articolo non voleva mettere nessun bavaglio al web ma solo adeguare il nostro ordinamento alla disciplina comunitaria. La Direttiva europea dice che un sito o un Service Provider non è responsabile per i contenuti che altri mettono in rete per il suo tramite, quando ciò avviene a sua insaputa. La legge italiana ha stabilito che questa insaputa vale fino a che un giudice non dice al titolare del sito o al Service Provider che il contenuto è illegale. L’emendamento di Fava proponeva semplicemente di tornare a una reale insaputa. In altre parole: se uno pubblica consapevolmente un contenuto di altri, ne risponde. Dove sta l’assurdo? E dove sta la censura? Stupisce che i nostri parlamentari, anche con passato di magistrati, non si siano resi conto che in questo modo non hanno fatto altro che incentivare potenzialmente l’illegalità, violando disposizioni comunitarie.
Per questo suona ancora più strano che anche il Governo, senza cogliere la portata reale dell’emendamento, lo abbia bocciato. Il mondo dei contenuti non può essere lasciato solo in questo modo, così muore. Confidiamo in una decisione più ponderata da parte dell’Agcom.
Di segno del tutto opposto, invece, l’esultanza dell’associazione Agorà Digitale:
Il voto contrario a larga maggioranza sull’emendamento presentato dall’On. Fava (Lega Nord) è l’ennesima sconfitta della strategia della repressione rispetto ai nuovi modelli di fruizione e creazione dei contenuti abilitati dalla Rete. La terza sconfitta in pochi mesi. Essa arriva dopo lo stop al regolamento censura sul diritto d’autore di Agcom e l’abrogazione del comma ammazza-Blog e ammazza-Wikipedia contenuto nella legge sulle intercettazioni. Il voto di oggi conferma innazitutto le nuove importanti ed efficaci possibilità di mobilitazione che la Rete affida ai cittadini, sempre più determinati a far valere i propri diritti interagendo e se necessario contestando direttamente i propri rappresentanti. Ma è anche il segno che esiste una piccola pattuglia trasversale di parlamentari determinati a difendere i valori di una rete libera e aperta.