Un bel bottone con scritto a caratteri cubitali “attenzione: odio”, una linea telefonica gratuita per ricevere assistenza in caso si venga aggrediti, e uno staff tutto italiano per comprendere linguisticamente e culturalmente ciò che effettivamente può rappresentare un insulto per qualcuno. Laura Boldrini ha fatto queste proposte a Richard Allan, ex politico britannico responsabile per l’Europa delle policy di Facebook.
La questione dell’odio in rete sta diventano un’emergenza. Un po’ per questioni reali, ma anche per la diversa attenzione che la politica sta dando al tema (caso emblematico è la Germania). Figurarsi cosa può pensarne Laura Boldrini, protagonista pochi giorni fa addirittura di una iniziativa personale, quando ha pubblicato coi nomi in chiaro alcuni insulti da lei ricevuti sul social network, alimentando un contro-cyber-harrassment. Tema spinoso, quello della denuncia degli aggressori in Rete, che si incrocia con quello della libertà di espressione. La presidente però è sempre stata fautrice di un approccio decisionista, anche e soprattutto nelle questioni di genere che spesso calano nell’hate speech.
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Così, comunque la si pensi sul lasciare che la belva si rivolga “contro sé stessa” – non sembra una soluzione brillante – non c’è forse politico italiano più focalizzato sull’hate speech. Tanto che Facebook, dopo l’episodio spiacevole, ha ben volentieri accettato l’invito a Roma per un incontro. Allan risponde di questo tema per tutti i paesi europei, e ha ascoltato la terza carica dello Stato, che non si è fatta pregare facendo alcune proposte. Quali? Le ha sintetizzate lei stessa ai giornalisti:
Un'icona @facebook per segnalare #hatespeech,una linea diretta telefonica per gli utenti, apertura sede in #Italia. Le mie proposte a #Fb pic.twitter.com/HH6S39eJiO
— Laura Boldrini (@lauraboldrini) November 30, 2016
Dal canto loro, quelli di Facebook hanno ribadito l’impegno sia ad ascoltare la politica che a lavorare per bannare l’hate speech:
Abbiamo avuto un incontro molto positivo e produttivo con la Presidente Boldrini e abbiamo discusso su come lavorare insieme per assicurarci che tutti siano sicuri nel momento in cui sono online. Non c’è posto per l’hate speech su Facebook e lavoreremo per sviluppare progetti insieme
Le proposte sono fattibili?
Non potendo sapere di più di quello che si sono detti, ci si può basare sulle dichiarazioni. Le proposte della Boldrini raccontano della sua generosità, e curiosità anche di persona colpita, però anche della scarsa conoscenza d’insieme. È difficile pensare che una società come Facebook possa introdurre solo in Italia bottoni e altri tools: sarebbero modifiche gigantesche al sito che possono essere, quello sì, testate, ma comunque andrebbero adottate globalmente. Se la linea telefonica è un’idea forse un po’ desueta (che però ricorda lo spirito della legge sul bullismo ferma al Senato) quella del bottone rischia di essere un doppione. Già oggi il social consente, cliccando sulla freccia in alto a destra visualizzata in ogni post, di segnalare contenuti aggressivi, così come di comunicare a un commentatore che il suo intervento è molesto, razzista, che ha contenuti di odio, che è spam, che semplicemente infastidisce. Sono tutte regole ben spiegate nelle istruzioni sul bullismo aggiornate soltanto un mese fa.
Che trarre da questo incontro? Laura Boldrini è particolarmente attiva sul fronte dei problemi emergenti dai social, basta ascoltare il suo intervento al convegno di ieri sulle fake news (altra buzzword che rischia di farci deragliare nello sforzo di comprendere i fenomeni) per capire che è convinta che la politica possa influenzare Facebook, partendo dalla persuasione che stia già avvenendo il contrario. È però molto improbabile che queste buone intenzioni siano diverse da quelle della famosa battuta di Karl Marx, così come è difficile che Facebook possa introdurre tools e persino staff nazionali per il controllo delle conversazioni sul sito. Anche se in Germania ha dovuto parzialmente cedere proprio su questo ultimo punto.
Il migliore punto di partenza resta la legge europea sulla privacy, il codice di condotta europeo e soprattutto un’analisi più qualitativa e serena delle implicazioni: se non c’è dubbio che tutti hanno il diritto di denunciare questo tipo di aggressioni verbali, è davvero pericoloso immaginare di costringere un “mostro” come Facebook a produrre staff di eliminatori di contenuti in tempo reale. Una tale fretta non potrebbe che essere cattiva consigliera. Ci sono in campo altre logiche da considerare, da quella matematica a quella logica a quella culturale.