Il Governo italiano si sta muovendo rapidamente per bloccare il fenomeno delle bollette da 28 giorni che gli operatori di telefonia e non solo hanno lanciato in Italia da tempo, con non poche proteste da parte dei consumatori. Il tema è molto caldo. AGCOM si è già espresso contro, con le società di telefonia, però, che hanno già fatto ricorso al TAR. AGCOM che, comunque, chiede armi più efficaci al Parlamento per poter sanzionare nei giusti modi gli operatori che non vogliono tornare alle bollette mensili. Dal canto suo, la politica sembra finalmente aver recepito il problema. In materia sono fioccate molte iniziative tra cui la proposta di legge depositata alla Camera da Alessia Morani appoggiata anche dal ministro Carlo Calenda.
In mezzo a questo fermento arriva anche l’emendamento al decreto fiscale depositato dal PD al Senato a firma Stefano Esposito che sostanzialmente ricalca la proposta di legge di Alessia Morani. La proposta prevede sanzioni sino a 5 milioni di euro che possono arrivare sino a 300 milioni in caso di inosservanza. La proposta prevederebbe anche un indennizzo di 50 euro per ogni utente interessato dalla fatturazione illegittima. Ma ancora più importante, l’emendamento vieta l’emissione di fatture a 28 giorni. Soddisfazione da parto del Ministro Carlo Calenda che sottolinea come questi interventi siano misure pro-futuro.
Ma il tema della fatturazione a 28 giorni sta coinvolgendo sempre più soggetti. Il MISE ha definito questa pratica come commercialmente scorretta e che sarà vietata attraverso appositi strumenti legislativi nelle prossime settimane. Asstel, invece, che rappresenta gli operatori, ha ribadito che le bollette a 28 giorni sono assolutamente legittime e che va salvaguardato il modello liberalizzato che ha caratterizzato il mercato della telefonia negli ultimi venti anni. Per Asstel, l’intervento del Governo andrebbe contro la libertà del mercato e produrrebbe un quadro normativo di dubbia compatibilità con quello europeo.
Il caso delle bollette a 28 giorni si fa sempre più complesso e delicato. In questo scenario non certamente facile si è inserita anche un’altra variabile. TIM e Wind Tre, infatti, avrebbero dato la loro disponibilità a tornare al vecchio metodo di fatturazione. Tuttavia, i due operatori chiederebbero in cambio ad AGCOM di salvaguardarle dal diritto di recesso previsto dal Codice delle comunicazioni elettroniche visto che spalmerebbero le perdite attraverso un rincaro tariffario.
In pratica i due operatori avrebbero chiesto in cambio di poter modificare al rialzo le tariffe senza che questo comporti la possibilità per i loro clienti di poter recedere liberamente, come solitamente possibile ad ogni modifica unilaterale del contratto.