Lo spaventoso attentato di Boston, due giorni fa, sta producendo un effetto in Rete che non si era mai osservato prima. Se infatti l’11 settembre può essere considerato l’attentato che fece scoprire i blog, mentre i grandi disastri naturali come lo tsunami giapponese o il terremoto di Haiti hanno esaltato la capacità narrativa e di raccolta fondi dei social network, l’attacco di matrice terroristica durante la maratona nella cittadina americana sta alimentando una forma inedita, per dimensioni, di attività di indagine crowdsourcing. Persino l’FBI e la polizia, generalmente restie all’accesso di collaborazione volontaria dei cittadini, ne stanno facendo uso e sono le prime a chiederla.
Ne parlano molti giornali americani, Wired gli dedica persino uno speciale. Con una mossa imprevista, gli investigatori di Boston guidati dall’agente Richard DesLauriers hanno chiesto di poter vedere qualsiasi immagine ripresa da chiunque e con tutti i supporti dell’area dove sono esplose le due bombe rudimentali.
L’invito, peraltro tramite Twitter e subito accolto dalla Rete, si basa sulla speranza che si possa creare un grande database condiviso di immagini e contenuti utili alla ricerca dei colpevoli. D’altra parte, se anche l’FBI non l’avesse fatto, le sarebbe bastato spulciare il web. C’è ad esempio lo scoop di 7News (del gruppo NBC) che ha pubblicato le immagini di un utente che mostrano quello che potrebbe essere il secondo ordigno, disposto vicino a una grossa cassetta postale di metallo.
Le fonti ufficiose e dei cittadini comuni si sprecano, sfruttando le piattaforme più note: su Flickr molti utenti postano migliaia di foto della maratona (alla quale hanno partecipato 23 mila persone, è bene ricordarlo) mentre su Reddit si postano altre immagini su uomini in atteggiamenti sospetti. Tutte alla ricerca del possibile possessore dello zaino maledetto, quello contenente l’ordigno. Essendo stato ritrovato e conoscendone l’aspetto, la Rete si è messa alla caccia, con un numero di persone che nessun ufficio potrebbe mai mettere in campo (non a questa velocità), di possibili sospetti che rispondano a determinate caratteristiche.
Il gigantesco mosaico non ha ancora permesso di saperne di più, ed è facile immaginare quali siano le possibili conseguenze se andasse fuori controllo: una caccia alle streghe. Tuttavia la collaborazione delle forze di polizia e la distanza tra chi fornisce immagini e chi, eventualmente, interroga testimoni, dovrebbe essere a tutto vantaggio dell’indagine.
La scena del crimine, Copley Square, è la più complessa che si possa immaginare: migliaia di persone fatte sgomberare in quegli istanti terribili, molte telecamere nel giorno di festa erano spente oppure sono state danneggiate dall’urto. L’indagine crowdsourcing sta esaltando alcune caratteristiche del web 2.0, ma anche della tecnologia informatica. Ci sono già società che hanno offerto propri algoritmi per analizzare più velocemente le immagini fornite dai device a seconda di ciò che stanno cercando: una persona con uno zaino grigio-nero nei pressi del luogo dell’attentato.
È un anticipo dell’indagine poliziesca del domani?