La campagna legale che la British Phonographic Industry ha intrapreso in Inghilterra contro il file sharing ha raggiunto ormai la fase culminante dell’intero procedimento: la BPI ha infatti ottenuto l’autorizzazione per richiedere ad alcuni Internet Service Provider l’apertura dei tabulati per l’identificazione di alcuni utenti accusati di aver scambiato grandi quantità di file protetti da copyright.
La richiesta formale della BPI coinvolge dunque ora 31 utenti e 6 diversi ISP. Questi ultimi avranno 14 giorni di tempo per analizzare i tabulati e consegnare i dati relativi all’utente corrispondente al numero IP per il quale la BPI ha rilevato l’attività illecita.
Secondo quanto comunicato dall’associazione dell’industria fonografica inglese molti degli utenti identificati sarebbero dei ragazzi i cui genitori erano all’oscuro dell’attività informatica dei propri figli. La BPI rivolge dunque un accorato appello alle famiglie sottolineando: «intendiamo consigliare in particolar modo ai genitori di controllare cosa fanno i propri figli su Internet per assicurarsi che non infrangano la legge condividendo file in modo non lecito».
La pressione legale operata dalla BPI segue la scia dell’importante precedente attuato negli Stati Uniti ove RIAA e MPAA hanno già segnalato migliaia di indirizzi IP alle autorità competenti. La denuncia verso i cosiddetti John Doe è un’arma utilizzata soprattutto per mettere pressione sul settore P2P e convincere l’utenza dell’illegalità dell’attività di scambio. Così si esprime in proposito Geoff Taylor, consigliere generale BPI: «tutto ciò manda alla gente un potente messaggio secondo il quale è illegale distribuire musica sulle reti peer-to-peer, non c’è anonimato ed ognuno è responsabile di ciò che va facendo».