Brunetta: è un problema di cultura, non di rete

Renato Brunetta, un anno dopo la promessa dei 2Mbit/s per ogni cittadino: «è un problema di cultura, non di rete»
Brunetta: è un problema di cultura, non di rete
Renato Brunetta, un anno dopo la promessa dei 2Mbit/s per ogni cittadino: «è un problema di cultura, non di rete»

Di fronte alle ultime parole accreditate al Ministro per la pubblica amministrazione Renato Brunetta ci si trova nel dovere di segnalare quello che appare come un cambiamento di direzione o quantomeno di opinione. Quel che prima era un diritto ora diviene infatti una colpa. Se prima i cittadini non utilizzavano la rete a causa di una infrastruttura troppo scadente, ora la rete stessa sembra dover rimanere scadente proprio per colpa del mancato utilizzo da parte dei cittadini. E la differenza di vedute tra le due analisi, peraltro distanti circa 1 anno l’una dall’altra, è radicale poichè sviluppata tra due opposti approcci al problema.

3 novembre 2009, Webnews.it: «La questione della banda larga è centrale per lo sviluppo dei servizi di e-government. Che senso ha, infatti, sviluppare servizi di e-government se poi i problemi di connettività impediscono ai cittadini di usufruirne? Oggi il 13% della popolazione – 7,8 milioni di italiani – non ha una connessione a Internet o ha una banda insufficiente. Questo digital divide va eliminato. Bisogna fare in modo che tutti – dico tutti – i cittadini possano avere una connessione adeguata alla rete. Nei mesi passati, per risolvere questi problemi, il viceministro per le Comunicazioni Paolo Romani e io abbiamo messo a punto il piano “Cittadinanza digitale”, nel quale viene operato un coordinamento tra tutte le azioni che il Governo intende portare avanti sul fronte delle infrastrutture per la banda larga e dello sviluppo dei servizi di e-government. In quel piano viene indicato come a tutti i cittadini – nessuno escluso – debba essere data la possibilità di connettersi alla rete a non meno di 2Mbit/s. Ma attenzione: il programma non si ferma qui ma prevede anche di estendere l’attuale copertura in fibra ottica, offrendo al 95,6% della popolazione italiana un servizio sino a 20 Mbit/s. Le risorse per fare tutto questo ci sono. Prevedo siano presto rese disponibili per l’avvio dei cantieri, così da poter realizzare gli obiettivi nei tempi previsti. […] Certamente portare la banda larga a tutti gli italiani rappresenta un’operazione complessa, anche dal punto di vista tecnico-organizzativo. È tuttavia l’intero settore delle telecomunicazioni a essere interessato dall’operazione. Per realizzare quanto previsto dal piano saranno chiamati a scendere in campo i grandi operatori nazionali con i loro patrimoni di tecnologia, di esperienza, di organizzazione. I problemi da risolvere saranno certamente molti, ma francamente non mi sembra che vi siano ostacoli tali da poter giustificare dei ritardi nel perseguimento degli obiettivi che ci siamo posti». Va ricordato come la promessa iniziale fu di 2Mbit/s a tutti gli italiani entro il 2010: obiettivo mancato. A maggior ragione l’obiettivo dei 20Mbit/s appare una chimera nemmeno ipotizzabile.

19 ottobre 2010, Sole 24 Ore: «È inutile pensare agli 800 milioni che mancano per la banda larga in Italia quando il suo livello attuale di utilizzo è inferiore al 50%. È un problema di cultura, non di rete: tutte le scuole italiane sono già collegate via internet, fra loro, con il ministero e con il mondo esterno, ma la quantità di contenuti che viene fatta circolare è praticamente nulla. […] Il solo utilizzo del protocollo Voip per la comunicazione nelle università consentirebbe di risparmiare fino a un terzo di spese telefoniche, recuperando l’investimento necessario in un anno e mezzo e liberando fondi».

Si torna quindi al vecchio assunto per cui la colpa dell’arretratezza della situazione della rete in Italia non è correlata ad una banda non sufficientemente larga o ad un digital divide ancora imperante, ma piuttosto ad un problema culturale che impedisce gli italiani a sfruttare le opportunità della rete. Il tempo non sembra dunque ancora aver dimostrato quanto la disponibilità dello strumento sia condizione fondamentale per sprigionarne l’uso.

Quella del ministro è una constatazione che parte da dati reali ed oggettivi: mancano i fondi. Ma è altresì una constatazione che sminuisce l’importanza dei fondi stessi, girando altrove le responsabilità per lo stallo odierno del comparto. Fondi, peraltro, che soltanto a fine 2009 sembravano poter essere facilmente sbloccati: «Le risorse per fare tutto questo ci sono».

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