Il Governo inglese si schiera contro i servizi di video-sharing. L’appello giunge direttamente da Alan Johnson, Ministro per l’Istruzione, il quale cavalca così l’ondata di polemiche che ha fatto seguito a tutta una serie di video pubblicati sul web e testimonianti numerosi casi di bullismo. Johnson rende lapalissiana la propria denuncia puntando il dito contro i grandi siti in stile YouTube e pretendendo da essi maggiore «responsabilità sociale» e il rispetto di «maggiori obblighi morali».
La denuncia matura in un dictat preciso: un certo tipo di video va rimosso dai servizi di video-sharing in quanto rende possibili fenomeni di emulazione e rende taluni comportamenti maggiormente “eccitanti” se fomentati dalla pubblicità ottenibile grazie alla rete. Non solo: il ministro chiede maggior potere per gli operatori del sistema scolastico affinchè possano agire con sequestri di materiale (quale telefonini dotati di capacità di videoripresa) adoperato secondo modalità inopportune all’interno delle strutture della scuola.
L’accusa del ministro inglese si spinge oltre: «il fenomeno del cyberbullismo è crudele e implacabile in quanto segue i ragazzi oltre i cancelli della scuola fino a casa loro. Queste molestie condotte sulla rete stanno inoltre spingendo molti insegnanti a lasciare la professione per via della diffamazione e delle umiliazioni che si trovano costretti a sopportare» (Corriere della Sera). L’intervento di Alan Johnson è stato registrato in occasione della conferenza del National Association of Schoolmasters Union of Women Teachers (NASUWT). Alcuni dei video nell’occhio del ciclone sono stati più volte rimossi da YouTube, ma copie ulteriori hanno fatto capolino online ripristinando e perpetrando nel tempo la disponibilità dei contenuti nel mirino.
Al ministro inglese fa da controcanto il collega italiano Giuseppe Fioroni: «i ragazzi vanno educati ai nuovi mezzi di comunicazione, ma i gestori non possono stare a guardare. [Alan Johnson] solleva un tema ormai comune a livello mondiale e che, da novembre scorso, sto cercando di porre all’attenzione di tutti i soggetti coinvolti anche qui in Italia: come proteggere i minori dai contenuti violenti o addirittura criminali ai quali sono esposti, anche in rete […] Nessuna censura, sia chiaro […] è chiedere troppo se ai gestori chiediamo di vigilare sui contenuti dei video che circolano sui loro siti, in particolare quelli di bullismo? Che segnale è quando un diversamente abile sottoposto a prepotenze diventa il ‘video divertente’ più cliccato? Credo che la riflessione sia obbligatoria per tutti. La libertà è la vita della rete e come tale la rete deve continuare a vivere: non si tratta di fare censure che limiterebbero la circolazione di notizie e informazioni, ma effettuare controlli per individuare e rimuovere contenuti violenti. Perchè la rete è libertà ma deve esserlo per tutti, e la rete deve difendere la libertà di tutti, non solo dei più forti» (La Repubblica).