Il piacere del caffè, a 400 Km dalla Terra. L’astronauta Tim Peake dell’ESA (European Space Agency) mostra come è possibile concedersi un rigenerante break a base di caffeina sulla Stazione Spaziale Internazionale. Le modalità di preparazione non sono però quelle classiche: niente moka né macchina per l’espresso. Il risultato è ben differente dalla tradizionale tazzina.
La miscela è conservata all’interno di una busta sottovuoto, da inserire in un dispositivo che funge da bollitore, il cui compito è quello di iniettare dell’acqua a temperatura elevata all’interno del contenitore. Questa, mischiata al preparato, si trasforma nel prodotto finito. Un sacrilegio per i puristi, ma il “meglio” deve ancora arrivare: nello spazio il caffè si beve con la cannuccia. Impossibile fare altrimenti, a causa della microgravità che caratterizza l’ambiente. Una possibile soluzione di cui si è già parlato su queste pagine è stata progettata dalla Portland State University, ma al momento non sembra ancora essere stata adottata dall’equipaggio.
Una precisazione: non si tratta della ISSpresso progettata da Lavazza in collaborazione con l’azienda torinese Argotec, anche se le modalità di preparazione sono simili e sfruttano lo stesso principio.
Restando in tema di ISS, proprio ieri si è parlato del progetto che ha consentito di far crescere la prima pianta al di fuori dell’atmosfera terrestre. Un fiore di zinnia, per la precisione, sbocciato grazie alle abilità dell’astronauta Scott Kelly, che accantonati rigidi protocolli e programmi di innaffiatura ha deciso di curarlo come se si trattasse di un seme piantato nel giardino di casa propria. L’esperimento ha una finalità ben più a lungo termine: servirà a perfezionare le tecnologie e i sistemi che un giorno potrebbero assicurare all’essere umano la completa autosufficienza lontano dal nostro pianeta, un requisito fondamentale per affrontare le missioni di esplorazione dello spazio come quelle che puntano al Marte.