Una legge del governatore della California ha imposto entro il 2015 un bottone di cancellazione immediata di foto e altri contenuti a disposizione degli under 18. Immagini compromettenti, commenti stupidi, un contenuto di qualsivoglia genere su qualunque sito, se postato da un minore dovrà poter essere cancellato con un semplice click dal suo autore. La “legge-gomma” (così l’hanno definita) sembrerebbe il sogno di tutti gli utenti avventati della Rete, ma potrebbe essere una grande delusione.
Tutti parlano della legge SB-568, voluta fortemente dal governatore democratico Jerry Brown e che entrerà in vigore il 1° gennaio 2015, quando il suo mandato sarà già scaduto. I contenuti di questa legge sono ampiamente commentati, in positivo, da CommonSense, un’associazione di San Francisco che si è fatta promotrice dell’iniziativa:
I bambini e ragazzi di oggi crescono circondati dai social media e della tecnologia. L’accesso ai servizi digitali offre incredibili opportunità, ma presenta anche alcune insidie. Ci sono rischi per la privacy quando le nostre informazioni personali sono postate indiscriminatamente, indefinitamente conservate, e in silenzio raccolte e analizzate dal marketing, da ladri di identità eccetera. Questi rischi sono particolarmente gravi quando si tratta di minori, che vengono monitorati più attentamente e ampiamente rispetto agli adulti.
15 bills signed today: AB: 216, 329, 382, 447, 535, 636, 763, 1371 & SB: 129, 308, 528, 537, 538, 568, 818. 1 bill vetoed: SB 535.
— Governor Newsom Press Office (@GovPressOffice) September 23, 2013
Cosa dice la legge e perché non funzionerà
Il testo sostiene fondamentalmente un diritto, quello di cancellare ogni traccia di sé quando si è minorenni e si suppone più inclini a compiere errori goffi nell’autorappresentazione. La legge si rivolge a tutti i siti che permettono l’utilizzo da parte di minori e pretende un eraser button. Si sa, i più giovani prima fanno una cosa e poi ci pensano, ma il vizio sembra appartenere anche alla politica quando maneggia Internet. Come capita spesso (anche in questo caso) si enunciano princìpi difficili da contraddire, mentre c’è molto da dubitare sul metodo col quale si vorrebbe metterli in pratica.
Saltano subito all’occhio due criticità clamorose. La prima: non ci capisce cosa si intende per siti internet e applicazioni “destinati ai minori”. Il rischio è di violare, paradossalmente, altre norme sulla privacy: è necessario perché il bottone funzioni che gli utenti si identifichino per età e provenienza geografica. La seconda criticità è la sovrapposizione con le funzionalità già presenti nei siti più frequentati, come Facebook, Twitter, Instagram, che permettono da sempre la cancellazione di questi contenuti con una serie di strumenti piuttosto collaudati.
Il problema principale, però, è un altro, di cui stranamente pochi si sono accorti. Basta leggere alla lettera “d” della seconda parte della legge (la prima è dedicata al blocco della pubblicità di alcolici, armi, pratiche pericolose, gioco d’azzardo e alle regole per l’advertising) per capire subito l’inghippo:
L’operatore si considera compatibile se nonostante abbia reso invisibile il messaggio originale da parte dell’utente rimane visibile perché una terza parte ha copiato o ripubblicato il contenuto o le informazioni pubblicate dal minore.
In altri termini, la legge – per ovvie ragioni – non può impedire la ripubblicazione di un post sul Web da parte di un’altra persona: retweet, condivisioni sui social, post su altri blog e siti non sono soggetti alle legge. La catena della ridondanza di un contenuto non viene spezzata. Tutti sanno che il problema principale del cyberbullismo ma anche del semplice imbarazzo in cui talvolta finiscono i minorenni è dovuto alla moltiplicazione del contenuto, impossibile da fermare. A questo punto, quindi, cancellare o rendere anonimo il contenuto originale – a meno davvero di un ripensamento fulmineo – servirà a poco.