La mobilità sta cambiando. Il processo di metamorfosi ha già preso il via ed è inarrestabile, inevitabile e irreversibile. Con buona pace di chi oppone resistenza. Il modo di viaggiare e spostarsi, soprattutto in ambito urbano, è destinato a trasformarsi definitivamente entro pochi anni, complice l’avvento di tecnologie come quelle dedicate alla guida autonoma, ma anche con l’abbandono del veicolo di proprietà in favore di una sempre più capillare diffusione del concetto di usership. Insomma, è iniziata l’era del Mobility ad a Service.
A ribadirlo una volta di più è uno studio condotto dal laboratorio CSAIL (Computer Science and Artificial Intelligence Laboratory) del MIT (Massachusetts Institute of Technology). I ricercatori hanno analizzato le informazioni raccolte in tre milioni di corse effettuate dai taxi nella città di New York. Comparando i dati con quelli relativi ai servizi di car pooling, è emerso che 3.000 veicoli di UberPOOL o Lyft Line possono rimpiazzare circa 14.000 taxi tradizionali, con ovvi benefici in termini di traffico, emissioni dannose per l’ambiente e persino tempi di attesa ridotti. Questo significa che entro pochi anni i tassisti dovranno cercare un nuovo impiego in un altro campo? Assolutamente no. Si tratta di uno studio prettamente accademico, seppur basato su informazioni raccolte nel mondo reale.
Cosa consentirà dunque al car pooling di offrire un tale vantaggio in termini di mobilità nei contesti urbani? Il software. Il team del CSAIL ha creato un algoritmo in grado di analizzare in tempo reale da dove provengono le richieste dei passeggeri e la posizione dei veicoli, indirizzando questi ultimi verso le zone della città dove si prevede un maggiore afflusso di potenziali clienti. Il risultato è quello già detto: meno vetture in strada, meno traffico, meno inquinamento, più tempo risparmiato.