L’universo domestico si fa di giorno in giorno più tecnologico: la casa diventa smart, si riempie di device tecnologici per poterla controllare a distanza, per gestire intelligentemente luci e consumo d’energia, per rendere più pratici i piccoli fastidi quotidiani. La moltiplicazione degli strumenti, però, non sempre è a favore degli utenti affetti da disabilità totale o parziale, soprattutto a livello motorio. Per questa categoria di consumatori, infatti, i gingilli tecnologici rischiano di essere un limite, l’ennesimo ostacolo a un’esistenza facilitata. Il futuro è però roseo: all’Università di Osaka si sta studiando un casco EEG per tradurre gli stimoli cerebrali in comandi.
Il progetto, ancora alle fasi embrionali, è stato sviluppato da un ricercatore messicano di neuroscienze cognitive: Christian Isaac Peñaloza Sanchez. Due i principali obiettivi: aiutare le persone con difficoltà motorie o paralisi a essere più autonome dentro e fuori la loro abitazione e ridurre l’affaticamento mentale. Sì, perché nel tentare di mettere in atto un movimento pensato ma non eseguito dal corpo, infatti, si genera frustrazione e una particolare forma di affaticamento cronico.
La tecnologia, al momento dal design spartano e non ancora aperta al grande pubblico, vede il ricorso a speciali elettrodi poggiati sul capo dell’utente: esattamente come in un classico elettroencefalogramma diagnostico, il pensiero è tradotto in impulsi elettrici e quindi analizzato da uno speciale dispositivo. Senza pretesa di essere esaustivi, lo strumento permette di associare una specifica reazione a uno stato mentale – veglia, sonnolenza, ansia, nervosismo – a una precisa condizione ambientale, per capire quale sia il compito che l’utente voglia eseguire. Così facendo, l’innovativo prototipo può essere non solo collegato a sedie a rotelle e altri strumenti di deambulazione affinché vi sia una seppur elementare autonomia di movimento, ma in futuro non troppo lontano potrà essere interconnesso ai vari device domotici per rendere l’esperienza abitativa più semplice: regolare la temperatura o l’intensità della luce, attivare l’apertura motorizzata di tende e finestre, cambiare in autonomia i canali televisivi e altro ancora. Tutte quelle operazioni apparentemente semplici, ma ostacoli insormontabili per chi soffre di problemi motori. E non è tutto: il sistema impara e migliora con il tempo, tanto da entrare in perfetta simbiosi con il suo possessore.
«Abbiamo previsto capacità d’apprendimento per il sistema grazie all’implementazione di algoritmi intelligenti, che imparano gradualmente le preferenze dell’utente. Può infine prendere il controllo di altri device senza che la persona debba troppo concentrarsi per raggiungere il proprio obiettivo.»
Particolarmente sorprendente, poi, è la capacità della tecnologia di rimediare ai propri stessi errori. Così spiega Phys.org:
«Quando il sistema opera autonomamente, l’utente non ha più bisogno di esercitare eccessiva concentrazione per controllare il device. Comunque il sistema continua a monitorare i dati EEG per rilevare un segnale chiamato “Error-Related Negativity” (“negatività correlata all’errore”, ndr). Si presenta quando le persone si accorgono di un errore commesso da loro stessi o da una macchina. Ad esempio, quando la temperatura della stanza è elevata l’utente si aspetta l’apertura automatica delle finestre, ma se il sistema accende la TV per sbaglio, questa azione può essere rilevata nel cervello umano senza che l’utilizzatore debba sforzarsi. Questo permette di correggere il comando che ha generato l’errore e di istruire nuovamente il sistema.»
Come già ricordato, lo studio è solamente agli step iniziali e servirà del tempo prima che possa essere tradotto in un prodotto di consumo. Le premesse sono tuttavia incoraggianti, per un futuro casalingo dove la difficoltà motoria sarà sempre meno un limite.