Enrico Letta ha convocato per giovedì il Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica, che riunisce sei ministeri e il sottosegretario alla sicurezza. Alla luce delle nuove incredibili rivelazioni sulla sorveglianza e lo spionaggio globale, che hanno coinvolto anche la Russia e l’ultimo G20, il governo italiano sembra finalmente convinto a chiedere chiarezza ai propri servizi e ad accodarsi alle posizioni europee.
Rispetto alle timidezze della scorsa settimana, così incoerenti rispetto a quanto stava accadendo negli altri paesi del vecchio continente, sembra cambiato – almeno in apparenza – il clima politico. Ormai anche l’Italia è a pieno titolo protagonista dello scandalo, con i milioni di metadati telefonici catturati dalla NSA e mai smentiti, e con le indiscrezioni sullo spionaggio anche in Italia di leader politici di primo piano.
Oggi, durante la presentazione della nuova edizione di «Gnosis», la rivista di intelligence italiana, Giampiero Massolo, direttore del Dipartimento Informazione per la sicurezza, e Marco Minniti, il sottosegretario già convocato in una precedente occasione, hanno concesso qualche affermazione in più sul caso Datagate, affermando per la prima volta che quanto trapelato non garantisce più la sicurezza del lavoro dell’intelligence nazionale, fintantoche non verrà fatta chiarezza.
I passi sono importanti, nella loro forma e anche nella sostanza: giovedì il presidente del Consiglio, Enrico Letta, convocherà il CISR e lo stesso primo ministro potrebbe la settimana prossima essere il protagonista di una audizione al Copasir dopo un suo viaggio all’estero.
#Datagate e #G20 il presidente @EnricoLetta vuole chiarezza e convoca il CISR http://t.co/xlca5cIhlf
— Palazzo_Chigi (@Palazzo_Chigi) October 29, 2013
Persino Minniti, che fino a ieri si era mostrato fortemente restio a commentare gli scoop del Guardian e dello Spiegel ha commentato che «bisogna fissare regole certe per l’intelligence, non tutto può essere permesso». Anche se permane ancora, altrettanto forte e quasi ostinata, la resistenza da parte della politica – ad esempio da parte del presidente del Copasir, Stucchi, ma anche del ministro degli Esteri, Bonino – ad ammettere eventuali violazioni da parte della NSA dei protocolli di sicurezza pubblica del Belpaese. E chissà che non c’entri il sempre più concreto sospetto che queste operazioni abbiano trovato il comune accordo con le intelligence locali, come scrive oggi il Wall Street Journal a proposito di Francia e Spagna.
Spying in France and Spain was conducted by European intelligence services, not the N.S.A, U.S. officials say. http://t.co/9JRvG3e5Ud
— The Wall Street Journal (@WSJ) October 29, 2013
Le proteste a Washington
Sarebbe errato pensare agli Usa come un paese compatto dietro il proprio presidente riguardo alle politiche di sicurezza: domenica scorsa il movimento StopWatchingUs ha sfilato davanti al Campidoglio, protestando per le attività della NSA e per i programmi che, pur essendo fino ad oggi accusati di aver spiato cittadini stranieri e non americani, ricorda tentazioni totalitarie che contrastano con i principi della Costituzione americana. Non si era mai vista una così forte opposizione, da sinistra, all’amministrazione Obama, neppure ai tempi dell’Occupy Wall Street.