Il caso Google Street View, come previsto, vede la temperatura salire attorno alla vicenda. In Germania, ove tutto è iniziato, le accuse contro l’azienda USA si fanno accorate ed hanno spinto ad una prima presa di posizione anche le istituzioni USA. Le scuse, insomma, non sono bastate.
Dopo aver inizialmente risposto picche alle pressioni delle autorità tedesche, Google ha improvvisamente ammesso le proprie colpe. Durante la mappatura delle strade europee con il servizio Street View, infatti, il gruppo avrebbe raccolto anche dati dalle reti Wifi aperte incrociate lungo il percorso. Tutto ciò non era però stato autorizzato e tale raccolta dati rappresenterebbe pertanto una evidente violazione della privacy su larga scala. Google ora non nega, e spiega che si sarebbe trattato di un errore.
«Una delle più grandi società al mondo, il leader del mercato di Internet, è semplicemente venuta meno alle normali regole»: a parlare è Peter Schaar, commissario tedesco per la protezione dei dati, secondo il quale indicare il tutto come un errore è qualcosa di «altamente insolito». Secondo quanto riportato dal Financial Times, in Germania starebbero partendo indagini approfondite su quanto accaduto, con specifica richiesta all’azienda affinchè vengano rivelati i dettagli dell’attività delle Google Car sul territorio. Ma il caso non si esaurisce all’interno dei confini del paese europeo.
Marc Rotenberg del Electronic Privacy Information Centre di Washington: «Questo può essere uno dei più gravi incidenti nella sorveglianza mai avuti da una corporation privata». Un incidente senza precedenti che, benchè addebitato ad un errore non meglio precisato, non potrà passare inosservato. La Federal Trade Commission, infatti, avrebbe già avviato indagini anche sul territorio USA: una mossa in fase embrionale, senza passi ufficiali né senza indicazione alcuna. Semplicemente si viene a sapere che la FTC si sta muovendo, se non altro in rispetto delle autorità europee ed al fine di portare massima chiarezza su di un caso che pone una azienda USA come responsabile e l’UE come parte lesa.
Google, nel frattempo, ribadisce di non aver mai usato in alcun modo i dati raccolti, di non averli ceduto ad alcun soggetto terzo e, soprattutto, di volerli distruggere quanto prima. Ma il caso è ormai deflagrato.