Un insulto via email è meno molesto di un insulto via telefono o, quantomeno, non costituisce reato. Detta così, la semplificazione imposta dalla Cassazione sembra un teorema intriso di semplicistici teoremi in stile McLuhan, ove il mezzo è superficialmente considerato come una parte consistente del messaggio, e si rischia di perdere il filo logico della sentenza. Quel che scaturisce dalla decisione della Corte è però una valutazione importante che apporta una netta discriminante basata non tanto sulla natura tecnica del medium, quanto più sulla sua natura sociale.
Il caso è quello di un uomo di Cassino e di una mail dai toni accesi di una email inviato ad una donna e contenente «apprezzamenti gravemente lesivi della dignità e dell’integrità personale e professionale» del convivente della destinataria della missiva. La sentenza 24510 della prima sezione penale della Corte di Cassazione ha però annullato le accuse chiudendo la questione con una ammenda di appena 200 euro. Ed è tutta una questione interpretativa che proietta sul presente un quadro legislativo che al proprio interno non comprende ancora appieno il concetto di Internet.
Secondo la sentenza, il termine “telefono” non va omologato alle email poichè implica un sistema di comunicazione del tutto differente. La discrasia è soprattutto nei sincronismi vocali del mezzo telefonico e nella asincronia della posta elettronica: «il mezzo telefonico assume rilievo proprio per il carattere invasivo della comunicazione alla quale il destinatario non può sottrarsi, se non disattivando l’apparecchio telefonico, con conseguente lesione della propria libertà di comunicazione, costituzionalmente garantita». L’email, invece, può essere cestinata ed è comunque una questione privata, senza invasioni di campo e meno incisiva.
In termini legali: «la avvertita esigenza di espandere la tutela del bene protetto della tranquillità della persona incontra il limite coessenziale della legge penale, costituito dal principio di stretta legalità e di tipizzazione delle condotte illecite». In altri termini, un insulto via email è equiparabile ad uno inviato tramite altri mezzi, ma non è molesto allo stesso modo poichè mediato da uno strumento di invio e ricezione ben diverso, poiché fruito in un diverso contesto e perchè interpretabile con ben altra tollerabilità. Il mezzo è buona parte del messaggio, dunque: la Corte di Cassazione e McLuhan sono d’accordo sul fatto che nell’invio del messaggio e nel recepimento dello stesso v’è un ruolo fondamentale rivestito dal canale che veicola il tutto tramite le proprie regole, le proprie modalità e le proprie tecnologie.