Una sentenza della Corte di Cassazione ha stabilito che chi compra un computer con preinstallato un sistema operativo possa rifiutarsi di utilizzarlo, non sottoscrivendo la licenza d’uso, andando dunque a restituirlo e facendosi contestualmente rimborsare dal venditore il valore dei programmi respinti al mittente. Il consumatore può, in sintesi, trattenersi l’hardware e farsi rimborsare la parte software.
Il lungo iter
Questa clamorosa sentenza (19161/2014), arriva alla fine di un iter che vedeva coinvolta HP (Hewlett-Packard) ed un consumatore fiorentino che si è visto così confermare il rimborso di 140 euro. I fatti risalgono al lontano 2007 quando il Giudice di Pace di Firenze Alberto Lo Tofu aveva depositato una sentenza con la quale veniva accolta la richiesta, promossa da Marco Pieraccioli (consulente informatico dell’Aduc), di un rimborso del costo del software preinstallato in un Pc portatile da lui regolarmente acquistato, per la precisione Microsoft Windows XP e Works 8. Una sentenza a cui HP che costruiva il computer della contesa, si appellò, affermando che computer e sistema operativo fossero due elementi inscindibili.
La causa poneva l’attenzione su quanto scritto all’interno della licenza d’uso del sistema operativo Microsoft (Eula):
qualora l’utente non accetti le condizioni del presente contratto, non potrà utilizzare o duplicare il software e dovrà contattare prontamente il produttore per ottenere informazioni sulla restituzione del prodotto o dei prodotti e sulle condizioni di rimborso in conformità alle disposizioni stabilite dal produttore stesso.
Per l’accusa dunque, HP non voleva riconoscere il valore della Eula sottolineando che tale licenza veniva predisposta unilateralmente da Microsoft. Questo “scaricabarile” non convinse il giudice che sentenziò come fosse impossibile che HP non conoscesse l’Eula di Microsoft e che essa fosse in realtà il frutto di accordi tra Redmond e i produttori di computer.
La stessa Microsoft fece poi ricorso in Appello perdendo. Nel 2010 persino l’Antitrust diede ragione alla sentenza originale.
I motivi della sentenza della Cassazione
Oggi arriva dunque la conclusione della vicenda con il pronunciamento della Cassazione. Anche le motivazione della Corte Suprema rispecchiano sostanzialmente quella della sentenza originaria del 2007.
Nell’accertata assenza di controindicazioni tecnologiche l’impacchettamento alla fonte di hardware e sistema operativo Windows-Microsoft (così come avverrebbe per qualsiasi altro sistema operativo a pagamento) risponderebbe, infatti, nella sostanza, a una politica commerciale finalizzata alla diffusione forzosa di quest’ultimo nella grande distribuzione dell’hardware (quantomeno in quella, largamente maggioritaria, facente capo ai marchi Oem più affermati).
In questo modo, si verificherebbero
riflessi a cascata in ordine all’imposizione sul mercato di ulteriore software applicativo la cui diffusione presso i clienti finali troverebbe forte stimolo e condizionamento, se non vera e propria necessità, in più o meno intensi vincoli di compatibilità ed interoperabilità (che potremo questa volta definire ‘tecnologici ad effetto commerciale’) con quel sistema operativo, almeno tendenzialmente monopolista.
Un’evenienza concreta, conclude la Cassazione, da
essere stata fatta oggetto sotto vari profili di interventi restrittivi e sanzionatori da parte degli organismi antritust Usa e della stessa Commissione Ue.
La sentenza infatti si inscrive nello stesso solco di quelle delle autorità statunitensi e comunitarie a tutela del libero mercato.
I rimborsi
Da oggi si apre per l’Italia uno scenario tutto nuovo che spalanca le porte ad una grande quantità di potenziali ricorsi che potrebbero essere accolti immediatamente dai produttori di computer. A tal proposito, l’ADUC, felicitandosi per la sentenza, ha anche predisposto un fac-simile da inviare ad un produttore di computer per richiedere l’eventuale rimborso della parte software.