Lo spam non è evidentemente tutto uguale. Eppure dovrebbe esserlo. Perchè cosa disturba di più? Una mail che si può filtrare/cancellare in un attimo se non in automatico? Un uomo che bussa alla porta tentando di vendere una scatola di gelati? Un operatore che telefona un paio di volte al giorno per propinare l’ennesimo cambio di operatore per la propria telefonia fissa? Un centro commerciale che riempie la casella della posta con volantini a profusione?
Come ha sottolineato Guido Scorza, per le telefonate vale un principio particolarmente stucchevole: è l’utente a dover dire di non voler essere disturbato, e lo dovrà ribadire cadenzialmente così che nessuno “spinga” le proposte commerciali in casa sua. Nel frattempo, però, tanto la casella di posta quanto la casella di posta elettronica rimangono piene, i campanelli suonano e gli operatori mandano SMS che nemmeno si ricorda più come e dove si siano autorizzati.
C’è spam e spam. E la differenza rispetto alla pubblicità tradizionale è semplicemente nell’invadenza e nell’indiscrezione. Pubblicità è un manifesto pubblicitario appeso, spam è un monitor che, posizionato di fianco ai binari del treno, costringe i pendolari ad ascoltare ripetutamente lo stesso jingle per lunghissimi minuti di loop continuo.
Se c’è spam e spam, dovrebbe esserci una norma che trova un metodo universale (o almeno ambizioso) in grado di distinguere il bene dal male, la pubblicità dall’invadenza, la promozione dalla proposta fastidiosa. Non è facile, assolutamente. Ma è probabilmente venuto il momento di rifletterci su senza interventi ad applicazione limitata, utili per il caso specifico ma del tutto insufficienti per stabilire una regola generale.