La quotazione pubblica di Facebook mette in risalto alcune grandi potenzialità del progetto, alcune note problematiche ed una grande deviazione anomala che rischia di gravare pesantemente sulla fiducia degli investitori nel progetto: la concentrazione di potere prevista dall’azienda e descritta chiaramente nella documentazione presentata alla SEC.
Finché il gruppo era una entità privata, tutto era lecito. Ora che Facebook ambisce a diventare una grande realtà della Borsa, invece, la distribuzione del potere decisionale è una questione del tutto centrale che gli investitori vorranno approfondire. Mark Zuckerberg, 27 anni ed una carriera da imprenditore che non ha precedenti, possiede ad oggi il 28% della proprietà del gruppo, ma al tempo stesso ha in mano il 56.9% del potere decisionale. La cosa è possibile a seguito del maggiorato diritto di voto in mano agli investitori “classe B”: unitamente alle deleghe che parte dell’azionariato ha offerto al CEO, Mark Zuckerberg si trova con il controllo pressoché egemonico del gruppo.
100 miliardi di dollari e 845 milioni di utenti, insomma, nelle mani di un ragazzo di 27 anni che si ispira alla filosofia hacker e che in passato ha già sbagliato più volte direzione sbattendo dapprima contro la bocciatura di Beacon e quindi frenato dalle autorità per la tutela della privacy. Tra le mani di Zuckerberg, peraltro, anche il diritto di nominare un successore nella malaugurata situazione in cui dovesse fare i conti con problemi di salute durante la sua reggenza. Un fattore di rischio ulteriore, insomma, che la finanza non può che guardare con viva preoccupazione.
Charles Elson, esperto in materia intervistato da Bloomberg, ha espresso vivo risentimento per tale situazione, spiegando che per gli investitori è questo un serio ed immediato problema. Zuckerberg, tuttavia, ha la possibilità di rettificare in parte la propria posizione vendendo parte delle proprie quote entro la quotazione in Borsa del gruppo: la cosa figura tra i suoi diritti e Wall Street potrebbe apprezzare. Perché un collocamento da 5 miliardi di dollari è forse “piccolo” in relazione a una community da 845 milioni di utenti, ma è invece abnorme per una azienda che si regge sui piedi fragili di una sola persona.
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