L’uso dell’energia fotovoltaica contribuisce sicuramente alla riduzione delle emissioni nocive nell’atmosfera, dovute alle fonti di origine fossile, ma oggi ci sono due principali “difetti” che ne rallentano la diffusione: la bassa efficienza e il costo produttivo elevato. I ricercatori dell’Università di Sheffield hanno trovato una possibile soluzione per il secondo problema. Invece del silicio, hanno utilizzato un materiale, denominato perovskite, depositato mediante una tecnica a spruzzo.
La perovskite è un minerale cristallino composto principalmente da calcio e titanio (la formula chimica è CaTiO3), scoperto per la prima volta oltre 150 anni fa nei Monti Urali, ma diffuso in tutto il mondo. Solo recentemente, però, gli scienziati hanno iniziato a studiare le sue caratteristiche in maniera approfondita per valutare un possibile uso come semiconduttore nei pannelli solari, al posto del silicio. La perovskite è più facile da ottenere e, soprattutto, lo strato superficiale che assorbe la luce può essere molto più sottile (1 micrometro contro i 180 micrometri del silicio).
L’Università di Sheffield ha inventato una nuova tecnica “spray-on” che permette di ridurre i costi di produzione e di realizzare celle solari su ogni superficie di qualsiasi dimensione. Il team di ricercatori ha ottenuto un’efficienza pari all’11% (con altre tecniche, più costose, si può raggiungere il 19%) con una copertura dell’85%. Sebbene il silicio offra un’efficienza maggiore (circa il 25%), si tratta comunque di una risultato importante per un prototipo di cella solare.
Uno strato di perovskite potrebbe essere usato come “pittura” per le automobili, oppure per alimentare i dispositivi mobile. Teoricamente, sarebbe possibile produrre celle solari curve, ma in questo caso l’efficienza è leggermente inferiore. La maggiore flessibilità rispetto al silicio, associata ai costi inferiori, potrebbero consentire presto una produzione di massa.