Seppure sul Desktop arranchi a spiccare il volo, è sugli smartphone che Linux procede a vele spiegate. Dopo Motorola e Google/HTC anche la storica e (almeno un tempo) gloriosa Palm sale sul treno di Torvalds e soci cercando di invertire la rotta verso il declino.
Esiste, però, una grande differenza di immagine e marketing tra Linux e gli altri sistemi operativi per dispositivi mobili: l’OS simbolo dell’open source agisce e funziona lontano dai riflettori e dagli occhi di utenti e sviluppatori i quali, a parte alcune eccezioni, non hanno modo di accorgersi di cosa ci sia realmente sotto il cofano la cover del suo scintillante cellulare multifunzione.
Tutti gli altri sistemi hanno infatti una identità visiva e funzionale precisa e inequivocabile. I telefonini Symbian hanno una faccia da Symbian, quelli Windows Mobile hanno una faccia da Windows Mobile, e così a seguire Blackberry e iPhone. Con i dispositivi Linux questo non avviene. Le aziende e i consorzi che scelgono Linux sembrano quasi dimenticarsi del cuore di pinguino che anima i loro prodotti.
E infatti Linux non viene mai nominato nei nomi o nei loghi: il nuovo sistema nato con e per il Palm Pre era noto come Nova ed è stato ribattezzato come WebOS. Lo stesso dicasi per i cellulari Motorola di cui bisogna spulciare con molta pazienza le specifiche per trovare un riferimento al kernel utilizzato, quasi a voler proteggere l’utente o a volergli nascondere una verità che potrebbe spaventarlo.
Linux sembra quindi destinato ad agire nell’ombra, filtrato da interfacce e librerie di programmazione sempre nuove e diverse che permettano, ancora una volta, di relegarlo nell’elitario mondo di geek, nerd e di pochi addetti ai lavori.