La Federal Commission of Communication ha intenzione di rivedere i suoi parametri di valutazione delle emissioni dei cellulari di ultima generazione: gli smartphone sono troppo diversi dai device del 1996, anno in cui furono stabilite le linee guida per la sicurezza e la salute di chi li adopera. Standard mai più aggiornati.
L’invito di Julius Genachowski, presidente dell’agenzia federale, ha avuto un certo riscontro sulla stampa americana e in rete, perché il binomio cellulari-cancro e in generale cellulari-elettrosmog non è mai stato veramente chiarito fino in fondo. Le ragioni sono note: difficoltà a raccogliere dati epidemiologici sufficienti; palese conflitto di interesse fra laboratori scientifici (privati e anche pubblici) e grandi multinazionali produttrici di questi strumenti e compagnie telefoniche; forte innovazione tecnologica dei cellulari, che hanno raggiunto livelli molto alti di efficienza energetica, riducendo – se non altro – l’aumento di energia e calore nelle parti del corpo esposte, all’epoca fonte delle ansie principali derivanti da un possibile abuso del cellulare.
L’avvento degli smartphone, però, ha cambiato tutto, e anche se il portavoce dell’agenzia si è affrettato a ridurre il fatto a una «revisione di routine», molti commentatori pensano che la Commissione sia preoccupata per l’utilizzo massiccio di questi strumenti, che al contrario dei vecchi cellulari hanno il loro punto di forza nella connessione perenne in modalità flat e di conseguenza nel forte utilizzo da parte dei giovani per molte ore al giorno.
Inutile nasconderlo: se la commissione rivedesse i propri standard – che a quel punto verrebbero imposti ai produttori prima di varcare il mercato statunitense – ciò avrebbe un impatto commerciale e industriale molto significativo, da una parte e dall’altra del mondo. Dalla Corea della Samsung alla California della Apple, nessuno ne sarebbe escluso. La domanda resta sempre la stessa: questi cellulari possono provocare danni alla nostra salute?
Al momento, sia il National Cancer Institute che il potentissimo US Food and Drug Administration non hanno trovato una relazione probante tra le emissioni di radiazioni non ionizzanti di questi device e l’insorgenza di cancro, oppure danni ai tessuti (del cervello o di altre parti), ma non è mai neppure stato dimostrato il contrario. Ogni studio, tranne alcuni sospettati però di essere troppo di parte o inutilmente allarmisti, si ripara dietro verbi ipotetici. Resta il documento epigonale dell’OMS, che raccomanda attenzione ma nega un incremento di cancro al cervello, documento tuttavia aggiornato nel maggio 2011 nel quale ha aggiunto le radiazioni del telefono cellulare a un elenco di «possibili cancerogeni» nella stessa categoria del piombo, il cloroformio e il caffè.
La revisione della Commissione federale potrebbe però cambiare qualche carta in tavola, in due sensi: abbassando il livello di radiazioni a bassa frequenza degli smartphone, oppure indicando nuove regole, obbligando a riscrivere i manuali di istruzione. In quelli degli iPhone, per esempio, si raccomanda di tenere a una distanza di 1,5 centimetri il dispositivo per mantenere i livelli di esposizione al di sotto dei massimi consentiti. Questo ben prima, tuttavia, che gli smartphone fossero a disposizione di miliardi di persone e tra questi anche molti bambini.