«Dalle reti infrastrutturali di nuova generazione al commercio elettronico, dalla elaborazione intelligente di grandi masse di dati agli applicativi basati sulla localizzazione geografica, dallo sviluppo degli strumenti digitali ai servizi innovativi di comunicazione, alla crescita massiccia di giovani “artigiani digitali”»: il Censis ha fotografato così quella che appare come una delle più grandi opportunità di rilancio per l’economia in Italia. La fotografia scaturisce dalle “Considerazioni generali” del 47esimo Rapporto Censis sulla situazione sociale del paese: un paese infelice, sostanzialmente, che sta però maturando (più o meno istintivamente) la convinzione per cui la via del digitale possa regalare il ritorno alla speranza.
«Oggi siamo una società più «sciapa»: senza fermento, circola troppa accidia, furbizia generalizzata, disabitudine al lavoro, immoralismo diffuso, crescente evasione fiscale, disinteresse per le tematiche di governo del sistema, passiva accettazione della impressiva comunicazione di massa. E siamo «malcontenti», quasi infelici, perché viviamo un grande, inatteso ampliamento delle diseguaglianze sociali». La fotografia è quella grigia di un impero ormai sgretolato, di una bellezza ormai deturpata, di una situazione senza vie di fuga: il paese sembra esserci rifugiato nell’inettitudine, quasi come fosse una salvaguardia dalla caduta continua. C’è però ancora un’ancora di salvezza a cui la società sembra volersi affidare: «Il filo rosso che può fare da nuovo motore dello sviluppo è la connettività».
Non la si intenda meramente come “banda larga” o “Facebook”: sarebbero considerazioni superficiali. Il Censis, quando parla di “connettività”, intende un valore più elevato e di contesto sociale, rappresentato dalla pulsione a far comunità con altre persone sulla base di specifici interessi. Facebook può esserne strumento e la banda larga può esserne veicolo, ma il fine è altra cosa: la pulsione è quella del superare la solitudine per cercare nuove forze in varie e differenti forme di aggregazione:
È vero che restiamo una società caratterizzata da individualismo, egoismo particolaristico, resistenza a mettere insieme esistenze e obiettivi, gusto per la contrapposizione emotiva, scarsa immedesimazione nell’interesse collettivo e nelle istituzioni. Eppure la crisi antropologica prodotta da queste propensioni sembra aver raggiunto il suo apice ed è destinata a un progressivo superamento.
Secondo il Censis, questa pulsione all’interconnessione tra i soggetti è una dinamica forte e propulsiva, ma che si sviluppa tra le persone invece che tra persone e istituzioni. La politica in particolare, «più propensa all’enfasi della mobilitazione che al paziende lavoro di discernimento e mediazione», è lontana da questo tipo di meccanismo e per questo motivo non sa coglierne lo spirito. La distanza tra Stato e cittadini diventa quindi una dinamica sociale che ha una sua natura antropologica, segnando un passaggio storico destinato a conseguenze di magnitudo forse oggi non ancora pienamente prevedibile.
Se istituzioni e politica non sembrano in grado di valorizzarla, la spinta alla connettività sarà in orizzontale, nei vari sottosistemi della vita collettiva. A riprova del fatto che questa società, se lasciata al suo respiro più spontaneo, produce frutti più positivi di quanto si pensi. Sarebbe cosa buona e giusta fargli «tirar fuori il fiato».