«Un mese di sociale: le concentrazioni del potere»: nel report del Censis, il capitolo dedicato al controllo delle reti telematiche consegna un’immagine dell’Italia schiava del suo passato e ferma al giogo di pesanti status di difficile dissolvimento. In particolare la concentrazione del potere sembra essere uno dei principali vincoli ad una creatività ed un potenziale che ci sono e che si manifestano nella moltitudine delle piccole realtà e nella partecipazione dal basso offerta dall’utenza.
Spiega il Censis nell’incipit del rapporto stilato: «ragionare sul tema delle reti telematiche in Italia porta inevitabilmente ad approfondire i motivi per cui esiste una specifica difficoltà del nostro Paese nei campi dell’innovazione tecnologica e dell’economia della conoscenza. L’interesse di partenza risiede nell’individuare il ruolo, le dinamiche e gli effetti delle concentrazioni di potere all’interno dei diversi comparti tecnologici per capire se tali concentrazioni sono il motivo della scarsa competitività del nostro Paese in questo settore». La prima risposta giunge già poche righe dopo: «se in altri settori, come quello economico e finanziario […], si assiste a una tendenza verso un sistema duale dove le condensazioni di potere non impediscono il proliferare e l’attivismo di soggetti intermedi nello stesso settore, nel caso delle reti telematiche ci troviamo appunto davanti ad un dualismo asimmetrico. Si tratta di capire se e in che modo questa asimmetria possa essere risolta a favore di un sistema più equilibrato fatto di soggetti in grado di competere nel dinamico ma competitivo mercato tecnologico internazionale».
Il fermento della realtà italiana sarebbe ben dimostrato da dati tangibili relativi alla partecipazione dell’utenza alle dinamiche internazionali della rete. Si chiede, pertanto, il Censis: «perchè se l’Italia è forte di soggettualità tecnologiche ed innovative i risultati in termini di sistema sono così modesti? Siamo destinati, in un contesto mondiale in cui i paesi più avanzati sono produttori di brevetti e soluzioni tecnologiche e i paesi asiatici costruttori di tali tecnologie, a rimanere un paese di soli consumatori?». Secondo il rapporto sarebbero principalmente due i limiti allo sviluppo di un’economia italiana del web. Da una parte v’è il digital divide, in tutte le sue forme e manifestazioni, causato dalla soffocante presenza dell’incumbent sulla rete nazionale; dall’altra v’è una pesante oligarchia a livello informativo che toglie risorse alle piccole realtà concentrandole nelle mani di pochi soggetti in fortissima evidenza.
Se altrove gli oligopoli non hanno però impedito l’emergere di piccole realtà tra i grandi colossi, nello stivale la cosa è diversa: «i grandi oligopoli mondiali non riescono a frenare l’innovazione che viene dal basso, dalla moltitudine che si organizza e si fa impresa ma cercano di cooptarlo andando cosi ad acquisire nuove fette di mercato. Se andiamo a vedere i vicini paese europei, anche loro arena delle dinamiche di un mercato oligopolisitico, ci rendiamo conto che questo non ha significato una riduzione della capacità di introdurre e produrre innovazione […] l’Italia sembra molto più terra di conquista che soggetto protagonista delle dinamiche mondiali».