È l’incubo di chi cerca lavoro nell’era del Web 2.0: venire giudicati dal potenziale datore di lavoro dai contenuti lasciati nei social network. Così quella foto scattata al mare improvvisamente non ci pare più così divertente. Quella affermazione sparata ai quattro venti è un clamoroso autogol. Una start up americana ha pensato di correre ai ripari.
Jibe ha pochi giorni di vita, ma è già stato recensito positivamente. Funziona così: il sistema sfrutta i social network, dal più abbottonato Linkedin a quello più diffuso come Facebook (i due poli estremi del concetto di privacy visualizzati sul sito), per aiutarvi a trovare un lavoro. Insomma, il meglio della nostra presenza sul Web, invece del peggio.
Con una funzione apposita, Jibe permette di scegliere con cura quello che vogliamo sia visto da un potenziale datore di lavoro (è pratica comune curiosare nei profili delle persone che mandano curriculum) così che alcune nostre informazioni saranno disponibili, mentre quell’album di fotografie in cui siamo sempre ubriachi resterà inaccessibile.
Joe Essenfeld, il CEO di questa impresa, ha presentato Jibe al New York Tech Meetup, rispondendo alle domande dei curiosi. La più frequente riguarda il meccanismo di pagamento. Jibe infatti funziona a crediti.
Secondo alcuni, non è corretto chiedere soldi a chi sta cercando un lavoro in questi tempi di recessione. Ma Essenfeld lo ha giustificato così:
I disoccupati ottengono tre crediti a settimana per fare domanda di lavoro, un approccio che evita lo “spray and pray” (spreca e prega) dove si spara nel mucchio sperando nei grandi numeri. Inoltre la maggior parte delle entrate proviene da datori di lavoro, che pagano 15 dollari per sbloccare i profili ricorrenti.
In altre parole, Jibe funziona secondo la logica delle reti sociali (non della rilevanza come per la vecchia pubblicità): mi metto in contatto con alcune persone, che condividono con altre persone, che a loro volta portano il mio messaggio a molte altre persone.
I profili più richiesti, che saranno visibili in una classifica, avranno una reputazione migliore. E chi cerca lavoro sarà giudicato anche dal tipo di contatti che avrà in questo particolare social network.
In pratica, si prende il vecchio motto che dice “conta non quel che sai, ma chi conosci” e lo trasferisce sul Web in modo estremamente user-friendly.
Certo, ci sono paesi che stanno legiferando per evitare di essere giudicati senza neppure presentarsi di persona. Ma si sa, gli americani sono più pragmatici.
Chissà che anche in Italia qualcuno non provi a imitare questo business. In fondo, ancora manca la “spintarella 2.0”.