La Linux Foundation, l’organizzazione preposta alla gestione dello sviluppo del kernel omonimo, ha pubblicato un esaustivo documento che illustra alcuni dati statistici riguardanti lo sviluppo del kernel negli ultimi anni.
I primi dati che colpiscono l’occhio riguardano i cambiamenti che il codice del kernel ha ricevuto tra i vari rilasci stabili, con il valore massimo raggiunto dalla release 2.6.24, l’ultima versione stabile rilasciata (la statistica conta solo le modifiche che hanno portato ad un kernel effettivamente compilabile e funzionante). La versione 2.6.24 ha anche staccato le precedenti per numero di sviluppatori coinvolti: calcolando solo le mani che hanno modificato il kernel dopo il rilascio 2.6.23, si è raggiunta la cifra record di 1057 contributori. Allargando la visuale agli sviluppatori più attivi negli ultimi tre anni, si trovano nomi noti alla comunità opensource, tra cui Andrew Morton, Alan Cox, Ingo Molnar e ovviamente Linus Torvalds che però è solo ventisettesimo.
Lo sviluppatore più attivo è stato Al Viro con 1571 interventi, più del triplo rispetto al papà del kernel che invece si è fermato a 495. Tenendo comunque presente che si tratta di un semplice conteggio che non tiene conto di eventuali contributi più o meno corposi, si può notare che gli sviluppatori non siano molto rilevanti se presi singolarmente: nessuno da solo ha contribuito per più del 2% (percentuale sul numero di cambiamenti, non sulle righe totali del kernel) e solo i primi dieci riescono a superare l’1%. Inoltre molti degli sviluppatori più impegnati sono anche responsabili di testare e approvare le patch che vengono inviate da tutto il mondo: questo tipo di impegno spinse anni fa lo stesso Torvalds a sviluppare un nuovo sistema di revisione delle versioni, chiamato Git e tuttora usato, che semplificasse la gestione dei contributi provenienti da così tante fonti. Considerando però la mole del progetto e la varietà della partecipazione, il numero di sviluppatori più attivi appare comunque ristretto: i primi dieci hanno contribuito per circa il 15% del totale, percentuale che arriva al 30% calcolando i primi trenta.
Notevoli sono anche i numeri che riguardano le aziende coinvolte: la prima a comparire è RedHat (11,2%), seguita da Novell (8,9%) e IBM (8.3%). Nell’elenco delle trenta società più impegnate fanno capolino anche nomi come Intel (4,1%), Cisco (0,5%), Silicon Graphics (2.0%), Oracle (1,3%) e HP (0,9%).
Non arrivano al 27%, invece, i contributi provenienti da fonti individuali o non sponsorizzate: una percentuale in continua diminuzione con il passare degli anni, segno inequivocabile dell’interesse che le aziende nutrono per lo sviluppo del kernel Linux. Ed è proprio alle aziende che questo documento è indirizzato: «[…] continuano ad esserci gruppi di persone là fuori che ancora percepiscono l’open source e Linux come una specie di movimento hobbistico e casuale» ha dichiarato Jim Zemlin, direttore esecutivo della fondazione. «È sorprendente che anche se Linux fa girare la Borsa di New York, quella gente ancora dubiti che non sia pronto per essere considerato maturo. Sì, l’ho sentito in alcune conversazioni di tendenza».
Zemlin fa poi notare che nei prossimi mesi verrà immesso sul mercato un grosso numero di nuovi prodotti basati su Linux e questo porterà nuove compagnie ad interessarsi allo sviluppo del kernel. Resta da escludere, comunque, che alcune società possano prendere il sopravvento e spingere lo sviluppo di una direzione piuttosto che in un altra, sia grazie alla guida solidamente in mano alla Linux Foundation, che stipendia anche lo stesso Torvalds, sia grazie al rapporto di fiducia e collaborazione che si instaura tra i partecipanti allo sviluppo.
Lo sviluppo del kernel Linux è quindi in costante accelerazione proprio grazie al numero sempre maggiore di aziende interessate, provenienti sia dal mercato dell’Information Technology, sia da altri comparti dell’economia. Basti pensare che la versione 2.6.25 prossima al rilascio includerà il protocollo di rete PF_CAN sviluppato da Volkswagen.