Cresce anche in Italia l’allarme per la privacy in Rete.
Mentre le ricerche documentano la preoccupazione degli utenti circa la riservatezza
delle comunicazioni su Internet e uno studio statunitense conferma che gli
impiegati sono costantemente sotto controllo sul posto di lavoro, anche il Parlamento cerca di fare chiarezza
sull’operato della Polizia
postale.
In una interrogazione rivolta ieri al ministro
dell’Interno, a quello della Funzione Pubblica e a quello delle Comunicazioni,
l’on. Nicola Cristaldi ha chiesto
se nel nostro paese la Polizia postale controlli i messaggi che vengono
scambiati su Internet. La richiesta di Cristaldi, rappresentante di Alleanza
Nazionale, si basa su una pubblica
denuncia dell’avvocato Fausto Cerulli, secondo il quale la Polizia postale
porterebbe avanti un’azione volta al controllo delle e-mail. La denuncia
di Cerulli contiene particolari che, se confermati, avrebbero dell’inquietante:
«L’altro giorno mi rivolgo al loro indirizzo e-mail (della Polizia
postale, ndr) per lamentare i guai di un mio cliente, senza ovviamente
farne minimamente il nome né il cognome. Mi hanno risposto, sempre per e-mail,
quasi a stretto giro di posta elettronica: e mi hanno detto che il mio cliente,
indicato miracolosamente per nome e cognome, avrebbe dovuto presentar
denuncia, eccetera: chi gliel’ha detto il nome del mio cliente?»
Il parlamentare vuole sapere se questa denuncia sia
veritiera e, in tal caso, quali norme giustifichino il comportamento della
Polizia. Inoltre, si chiede se un’eventuale azione di controllo sia conforme
alle leggi italiane in materia di privacy. Da noi contattato, l’on. Cristaldi
ha dichiarato che l’interrogazione ha anche l’intento di «evidenziare la
vacuità del regime della posta elettronica, nel senso che non ci sono norme né
leggi che lo regolamentano». Cristaldi sta raccogliendo la documentazione per presentare
un eventuale disegno di legge affinché «almeno le comunicazioni tra milioni
di italiani siano garantite».
Intanto, proprio il Garante
per la protezione dei dati personali si è fatto portavoce nei giorni scorsi
del crescente disagio dei navigatori per quanto riguarda la riservatezza delle
e-mail. Secondo una ricerca pubblicata sulla newsletter
settimanale del Garante e condotta dalla Gallup
Organization su un campione di 391 adulti, il 28 percento degli utenti
Internet si dice molto preoccupato circa la tutela dei propri dati
personali in Rete, mentre a nutrire almeno un minimo di preoccupazione è
addirittura l’80 percento degli intervistati.
Per quanto riguarda in particolare la posta elettronica e
la navigazione online, l’allarme degli utenti appare fortemente legato a chi
effettua i controlli: mentre la maggioranza degli utenti (il 61 percento) non
vede di buon occhio il fatto che sia il proprio provider a controllare l’impiego
di Internet e delle e-mail, la percentuale scende qualora il controllo avvenga
sul posto di lavoro: in tal caso i più preoccupati sono i giovani tra i 18 e i
29 anni (56 percento), contro il 32 percento degli over 50.
Una preoccupazione non priva di fondamento, almeno a
sentire un altro studio statunitense, quello realizzato dalla Privacy
Foundation. Secondo il rapporto,
un terzo dei 40 milioni di lavoratori statunitensi è costantemente posto
sotto controllo, anche grazie all’abbattimento dei costi dei software che
monitorano la posta elettronica. Un fenomeno non solo statunitense e che
interesserebbe oltre 27 milioni di lavoratori a livello planetario,
ovvero più di un quinto degli impiegati connessi ad Internet.