Si aprono le porte al ripristino della memoria perduta in seguito a lesioni cerebrali: su richiesta del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, il DARPA (Defense Advanced Research Projects Agency) sta infatti sviluppando una black box da impiantare nel cervello dei soldati e in grado di registrare i loro ricordi.
Il progetto è denominato Restoring Active Memory e si trova attualmente in una fase avanzata dello sviluppo, tanto che la DARPA è già alla ricerca di proposte da parte delle aziende commerciali che hanno già esperienza nel settore degli impianti cerebrali, come ad esempio Medtronic. L’obiettivo è quello di aiutare i soldati feriti a non perdere i propri ricordi e a condurre una normale vita quotidiana anche in caso di eventuali lesioni. Non di rado accade infatti che ci si dimentichi del proprio nome, della famiglia e della vita passata, quindi si desidera aiutare chi ha subito danni del genere.
Nel caso in cui il militare perdesse la memoria, l’impianto verrà usato per ripristinarla ma anche per migliorare le proprie performance cerebrali. In quest’ultimo caso ciò sarà fattibile stimolando determinate regioni del cervello per aumentare la velocità con cui la persona apprende determinate abilità. In altre parole, la DARPA vuole usare il dispositivo impiantabile per riprogrammare un cervello umano che ha sperimentato una perdita della memoria e ciò rappresenterà senza dubbio una vera e propria innovazione, per cui molte aziende potranno esser interessate al progetto.
Oggi si è giunti alla conclusione che i ricordi sono un insieme specifico di connessioni neuronali e di impulsi elettrici ma, in effetti, il dispositivo sarà utile anche a quei ricercatori che sono al lavoro per capire maggiormente come il cervello umano codifichi i ricordi. Il progetto DARPA richiederà comunque molto tempo per essere perfezionato poiché ancora oggi si conosce molto poco circa il funzionamento del nostro cervello: avrà però nei prossimi anni una grande importanza al di là dell’applicazione sui soldati statunitensi, e nei prossimi decenni potrebbe diventare un metodo chiave per tutti gli esseri umani che hanno sperimentato lesioni cerebrali.