A luglio dell’anno scorso, avevo approfondito il “Caso Peppermint“, quando la casa discografica di Hannover aveva preteso da Telecom i dati dei suoi utenti che utilizzavano sistemi di file sharing per scambiarsi file protetti da copyright.
Un caso che fece molto discutere e che preoccupò migliaia di italiani che si videro arrivare a casa una multa per violazione del copyright e una lettera di uno studio legale, che invitava l’utente a non usare più sistemi P2P pena sanzioni più gravi.
Insomma un vero terremoto. A salvare la situazione arrivò però una sentenza di un tribunale di Roma che invece andava a difendere gli utenti, vittime di una palese violazione della privacy ed invitava Telecom a non fornire i nomi degli utenti interessati.
I dati di navigazione di chi scarica materiale da circuiti di file sharing vanno difesi e protetti alla pari di chi invece usa la connessione internet per altri fini.
Una sentenza che aveva fatto gioire gli utenti Telecom ma che aveva lasciato l’amaro in bocca a Peppermint.
Arriva adesso la conclusione della vicenda e l’ennesima stoccata contro Peppermint da parte del Garante della Privacy.
Il garante non solo convalida quanto sentenziato dal tribunale di Roma ma aggiunge una cosa importantissima.
I dati, i log di utilizzo delle connessioni, possono essere richiesti solo per “indagini penali o di tutela della pubblica sicurezza e della difesa nazionale“.
Aggiunge ancora che i dati raccolti da Peppermint di sua iniziativa sono una palese violazione della privacy.
Continua infatti il Garante: “Le reti p2p sono finalizzate allo scambio fra utenti di dati e file per scopi sostanzialmente personali, mentre il software Fsm (quello usato da Peppermint) non è destinato allo scambio di dati, ma al monitoraggio ed alla ricerca di dati, che utenti di reti peer to peer mettono a disposizione a terzi”
Qui si chiude la vicenda con una vittoria totale degli utenti ed una sconfitta pesantissima per Peppermint che ha anche l’obbligo di cancellare immediatamente i dati che aveva raccolto in maniera illegale.
Rimangono purtroppo presenti ancora alcune questioni tra cui il possibile risarcimento a chi aveva pagato già la multa a Peppermint ed eventuali cause personali tra utenti “multati” e la casa discografica di Hannover.