Ieri si è parlato di un presunto blocco attuato dalla Cina nei confronti di Gmail, con il governo locale che si è apprestato in tutta fretta ad affermare la propria estraneità ai fatti. Anche Google, dopo aver condotto i dovuti test sull’infrastruttura, ha dichiarato (attraverso la divisione di Singapore) di non aver aver individuato alcun problema tecnico. Nonostante nessuno se ne sia assunta la responsabilità, gli utenti del paese asiatico sono rimasti per quattro giorni impossibilitati ad utilizzare le proprie caselle di posta elettronica.
La situazione sembra però essere tornata alla normalità nelle ore scorse, stando a quanto afferma il Financial Times. Sempre che di normalità si possa parlare: dal mese di giugno è infatti impossibile accedere alla versione Web del servizio, dunque gli iscritti devono per forza di cose affidarsi ad applicazioni o client per l’invio e la ricezione dei messaggi attraverso i protocolli POP, IMAP e SMTP. Nonostante l’allarme sia rientrato, per il momento non è dato a sapere quali siano le reali cause del blocco temporaneo, né se è possibile escludere un suo ripetersi nell’immediato futuro. Una vicenda che di certo non contribuisce a distendere i rapporti fra le due realtà coinvolte.
Le attività di censura messe in atto dal governo cinese hanno infatti più volte provocato la reazione del gruppo di Mountain View, tanto da far parlare fin dall’ormai lontano 2010 dell’abbandono del paese da parte del motore di ricerca. Tornando alla questione odierna, di seguito è possibile notare (in basso a destra), grazie al Rapporto sulla Trasparenza di Google, il leggero aumento del traffico generato dalla Cina verso i server della piattaforma Gmail.