Per Reporters Senza Frontiere il problema è ormai oltremodo grave: la Cina ha approntato l’ennesimo affronto alla libertà di espressione dei propri cittadini imponendo un nuovo giro di vite sull’identificazione personale in rete. Non solo una negazione della privacy, insomma, ma la creazione di una sorta di Panopticon dal quale ogni utente può essere controllato ed eventualmente censurato.
Tutto prende il via dal “patto di auto-disciplina” che hanno firmato due gruppi quali Yahoo ed MSN, unitamente ai grandi nomi del web cinese (tra i quali Tom, Sohu, Renmin Wang, Xinlang ed altri). Il codice è stato elaborato dalla Internet Society of China (Isc), definito da La Repubblica come «un organismo semiufficiale i cui membri appartengono all’Accademia delle Scienze o a altri enti vicini al Partito Comunista Cinese».
Il codice a cui i gruppi vanno ad aderire prevede un sollecito intervento riparatore nel caso in cui si segnalino commenti o post sconvenienti all’interno di un qualche blog e, al tempo stesso, vieta l’uso degli strumenti di blogging sotto identità anonima. Ogni opinione riportata sul web, insomma, dovrà essere in qualche modo “firmata” ed il responsabile sarà tracciabile. Il tutto avviene nell’immediata vigilia del nuovo congresso del partito comunista che governa oltre la Grande Muraglia ed i fatti sono fin troppo facilmente correlabili.
Per quanto concernente l’identità dei blogger, il Segretario Generale dell’Internet Society of China Huang Chengqing ha ben evidenziato quale sarà il modus operandi adottato dalle istituzioni: «i blog service provider che autorizzano l’uso di pseudonimi possono essere più appetibili per i blogger, ma verranno puniti dal governo se non riusciranno a mascherare le informazioni illegali» e probabilmente se non sapranno consegnare le generalità dei responsabili.