La leggenda vuole che l’Italia sia un paese di poeti e di navigatori. Poeti non si sa, ma nel nuovo millennio, almeno in Rete, non siamo più dei buoni navigatori. In Italia, infatti, solo 13.7 milioni di persone navigano su Internet, in tutto appena il 28.5% della popolazione. Il dato assume tutta la sua rilevanza soprattutto se confrontato con quello dei paesi di maggior riferimento: 68% per gli Stati Uniti, 60% per la Germania, 54% per la Gran Bretagna, 43% per quanto riguarda la Francia.
I dati offerti dal CNEL (Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro) emergono da un’indagine “multiclient” condotta in cooperazione con l’Eurisko. Come indicato dal comunicato dello stesso CNEL «lo studio illustra scenario, dimensione socio-culturale, modalità d’uso e tipologie di utente, consentendo una verifica periodica della diffusione che i nuovi media hanno nel nostro Paese tra cittadini e imprese». Per dovere di cronaca va segnalato come il dato sia in contrasto comunque con una analoga indagine Federcomin la quale, già nel 2002, aveva fotografato una popolazione di navigatori pari a 20 milioni di unità.
Ecco alcuni dei dati più importanti emersi dall’indagine:
- In crescita le connessioni da casa (20,9%), con il dato di chi si connette dal lavoro (9.3%) o dalla scuola (3.2%) che si fa sempre più minoritario;
- Le regioni che registrano una maggiore penetrazione della navigazione tra la popolazione sono Liguria (36,7%), Lombardia (36,4%) e Triveneto (35,5%); le ultime posizioni sono invece occupate da Abruzzo-Molise (21,3%), Sicilia (18,7%) e Basilicata-Calabria (17,8%): in questo quadro risulta evidente un problema intrinseco alla realtà nazionale, con il Sud penalizzato da un sempre più marcato digital divide;
- Il 46,3% degli italiani possiede un computer, ma non più di 1 su tre è connesso alla Rete;
- «Il navigatore tipo è maschio, giovane e istruito»: il 35.2% degli uomini vive l’esperienza Internet, mentre solo il 22,4% delle donne usa la Rete;
- «Internet si usa soprattutto per ricevere (73% tra chi si è collegato nell’ultimo mese) o inviare (66%) e-mail, ma anche per curiosare (72%), cercare informazioni (56%) o notizie utili per il lavoro (42%), per lo studio o il turismo (36%) e per il tempo libero (34%), ma ancora poco per fare acquisti (9%) o prenotazioni (7%)».
Le cause del ritardo? Culturali, strutturali, organizzative. E se il discorso sulle cause del problema potrebbe essere infinito, ancor più vasto risulterebbe l’analisi delle possibili soluzioni proponibili. Quel che è certo è che un impegno delle parti in causa (soprattutto sul lato istituzionale dell’ambito) potrebbe portare grandi benefici al paese soprattutto nell’ottica di una programmazione dei futuri investimenti e della futura gestione del paese. Negli USA per percorrere questo percorso si è tentato di imporre l’argomento come tema di dibattito in circostanze elettorali. In Italia tutto ciò non è ancora successo.