La sentenza emessa dalla Corte Distrettuale di New York relativa all’illegalità di LimeWire, celebre software di P2P, potrebbe ripercuotersi anche su altre società, esterne alla vicenda ed operanti in altri settori. È il caso di CBS Interactive, gruppo cui fa capo il portale di informazione digitale CNET, accusato di aver spalleggiato la diffusione di software mirati a violare il diritto d’autore.
Il capo d’accusa mosso nei confronti di CNET basa le sue ragioni sulla pubblicazione di alcune recensioni, quasi sempre positive, corredate da link per il download dei pacchetti di installazione di LimeWire. Tramite le pagine di Download.com, sezione dedicata alle recensioni software di CNET, sarebbero stati oltre 220 milioni i download effettuati dagli utenti riguardanti esclusivamente il software di file sharing recentemente dichiarato illegale: oltre il 95% degli utenti avrebbe pertanto ottenuto LimeWire tramite CNET, il quale avrebbe dunque rappresentato la principale fonte per la diffusione dello stesso.
In più occasioni, poi, alcuni autori del medesimo portale hanno etichettato LimeWire come «l’erede di Napster», aggiungendo valutazioni prossime al punteggio massimo nelle proprie recensioni. L’attività di CNET, dunque, ha insospettito alcune delle major che hanno dato il “La” all’accusa contro LimeWire: dalle parole si è passati ai fatti e CBS Interactive si trova ora a doversi difendere dagli attacchi delle etichette, la cui richiesta di risarcimento nei confronti di Lime Group, azienda che ha sviluppato Limewire, ammonta alla mastodontica cifra di 75 bilioni di dollari.
Articoli e guide pubblicati sul sito di CNET, secondo le major, avrebbero permesso agli utenti di documentarsi riguardo metodologie per il download di brani musicali e pellicole cinematografiche attraverso software di file sharing, violando di fatto le leggi in materia di copyright. L’aver reso disponibili informazioni riguardanti pratiche largamente diffuse sarebbe stato dunque per la società un grosso passo falso, lasciando trasparire una presunta volontà di spalleggiare LimeWire con i propri contenuti editoriali.
L’intera vicenda ha poi origini alquanto bizarre: a muovere guerra per primo nei confronti di CNET è stato Alki David, legato in passato ad attività ritenute illegali dai giudici: il suo portale FilmOn permetteva infatti di visualizzare contenuti trasmessi in TV attraverso la Rete, salvo poi essere chiuso a seguito di un’ingiunzione del tribunale. Al momento, CNET sembra aver rimosso ogni collegamento ai file di installazione di LimeWire, pubblicando inoltre una nota in cui si invita a non utilizzare software P2P per scopi illegali.