Se diventare ricchi coi blog è una roba che assomiglia alla ricerca della pietra filosofale, diventarci poveri è un lampo. Tre semplici step: compra qualcosa, trovati male col venditore, stigmatizza la cosa in un post. Se hai eseguito le istruzioni con sufficiente accuratezza, tra i tuoi commenti potrebbe apparire una cosa del genere (neretti miei):
Scrivo la presente in qualità di amministratore della AZIENDA XXXX. Mi preme preavvertire che ritenendo il presente blog di carattere indiscutibilmente diffamatorio, ho presentato in data 14.05.2008 – per conto della società che rappresento – sia una querela alla Procura della Repubblica di Timbuctu nei confronti del sig. Blogger, creatore dello stesso blog, sia un ricorso d’urgenza finalizzato alla richiesta di risarcimento danni nei confronti dello stesso Sig. Blogger per un importo non inferiore a 400.000 euro, con fissazione della prima udienza per il 18.06 p.v. Il procedimento civile per il risarcimento dei danni nei confronti del Sig. Blogger per il risarcimento dei danni nella misura suindicata, o in quella maggiore che la prosecuzione temporale del blog comporterà, procederà poi il suo corso. Consiglio a coloro che hanno intenzione di inserire sul presente blog notizie non veritiere e/o diffamatorie sulla società da me rappresentata di valutare l’opportunità di tale comportamento, rappresentando che le azioni giudiziarie sin d’ora promosse nei confronti del sig. Blogger saranno estese a quanti concorreranno a tale fattispecie criminosa e/o civilmente illecita. Con i migliori saluti.
L’affaire Mosaico Arredamenti di cui parlano ormai decine e decine di blog è presto detto: il blogger Sergio Sarnari, in un post adesso cautelativamente messo off line – ma ovviamente la cache di quella gran portinaia di Google, o Archive.org, soddisferanno ogni eventuale vostra curiosità – ha raccontato le sue peripezie come cliente del suddetto rivenditore di mobili, peripezie a suo dire molto negative. L’amministratore dell’azienda criticata viene a conoscenza del post, lo ritiene diffamatorio e querela Sarnari richiedendo un risarcimento danni pari a 400.000 (quattrocentomila) euro. E notifica la cosa al Sarnari con un commento al post incriminato.
Ovviamente qui non si entra nel merito della questione: se davvero si arriverà in giudizio, sarà il giudice a stabilire chi ha ragione.
Che però un’azienda risponda all’insoddisfazione di un cliente, per quanto ingiustificata e male espressa essa possa essere, con una querela con risarcimento stratosferico, suona, oltreché sproporzionato, comunicativamente masochistico. E infatti l’affaire Mosaico Arredamenti sta diventando un caso da manuale del letale effetto Streisand, ovvero: se provi ad estirpare colla forza un qualcosa dal web, il web risponderà moltiplicando all’infinito quel qualcosa. Per non dire poi del messaggio ben poco rassicurante fatto pervenire ai potenziali futuri clienti dell’azienda.
A questo proposito, per cercare di fare addivenire il querelante a più ponderati consigli, Marco Camisani Calzolari gli ha indirizzato una ragionevolissima lettera, aperta alla pubblica sottoscrizione.
Tralasciando il caso particolare e spostandoci su un piano generale del discorso, pare proprio che il tema blog e diffamazione si stia sempre più confermando come l’accidentato terreno su cui si gioca la delicata partita della libera espressione sul web italiano.
Ne avevo parlato poco tempo fa in questo post, identificando proprio nello strumento “querela con maxi risarcimento” una potenziale clava nelle mani di un ipotetico “ricco e potente criticato” nei confronti di un altrettanto ipotetico “normale criticante”. Ché il ricco querelante il massimo che rischia, se il giudice gli dà torto, è di pagare le spese processuali: ma essendo lui ricco, che je frega? Io, fossi pieno di denari, cattivo e prepotente, querelerei sempre, anche avendo palesemente torto: perché saprei di poter trasformare la vita del mio avversario con famiglia e stipendio normale in un incubo lungo tutta la durata del processo (quindi molto lungo), mentre a me la vita non cambierebbe di una virgola.
L’altro, pessimo, aspetto di cui avevo scritto è la possibilità che, in seguito alla querela, il giudice chieda alla polizia postale o ai carabinieri di buttare giù, sequestrare, mettere offline non il presunto testo diffamatorio, ma l’intero sito/blog del querelato. Il che costituisce, per usare le parole di Guido Scorza, “un autentico attentato alla libertà di manifestazione del pensiero”. Diritto sancito costituzionalmente. E che dovrebbe essere coltivato come sacro da cittadini e istituzioni di questo paese, essendo esso il fondamento stesso della democrazia.
E invece, nella terra dei cachi, si privano i cittadini dei loro mezzi di libera espressione con angosciante leggerezza, in un clima giudiziario piuttosto autarchico, complice certo un quadro legislativo tutt’altro che nitido. E senza che ciò abbia la minima eco mediatica.
E’ successo, molto recentemente, ad Antonino Monteleone, reggino, 23 anni, studente di giurisprudenza, cui esprimo la mia massima solidarietà.
Ah, sì noti en passant che mentre migliaia di querele per diffamazione di cittadini comuni verso altri cittadini comuni boccheggiano dimenticate da Dio e dalla tizia con la bilancia in mano negli uffici giudiziari dello stivale, certune volte la macchina della giustizia colpisce rapida e implacabile. Chissà quale misteriosa logica governa questo inspiegabile fenomeno.
Dimenticavo: il post di Monteleone che ha portato alla sua querela, e al sequestro del suo blog, parlava di un uomo politico calabrese.