Sul Times OnLine il giornalista Will Pavia fa un interessante racconto della sua esperienza come giudice del 18esimo Loebner Prize, un concorso di talenti per computer. In sostanza una gara di intelligenza artificiale condotta attraverso il test di Turing.
Alan Turing era un matematico degli anni ’50 che tra le altre cose delineò alcune delle prime e fondamentali teorie sull’intelligenza artificiale. A lui si deve il test che porta il suo nome, strumento usato tutt’oggi (nonostante mille contestazioni) per stabilire se ci si trovi di fronte ad un computer talmente intelligente da essere considerabile come “artificialmente intelligente”.
Il test consiste nel sostenere 5 minuti di conversazione testuale attraverso il computer con una serie di giudici i quali in parallelo ne sostengono un’altra del tutto simile con un umano. Se alla fine il 30% dei giudici non riesce a riconoscere la macchina dall’umano c’è intelligenza artificiale. Nessuna macchina ha mai passato il test di Turing.
La cosa molto interessante del racconto di Will Pavia è nel come sia stato tratto in inganno e abbia effettivamente scambiato la macchina per l’umano, il suo sgomento alla notizia del fallimento, come i suoi processi logici l’abbiano ingannato e come Eugene, il computer programmato per conversare da un 43enne statunitense, si sia allenato.
Rimangono comunque perplessità sulla bontà della percentuale di giudici ingannati indicata da Turing perchè ci sia intelligenza artificiale e soprattutto rimangono dubbi sul fatto che un macchina programmata con un solo obiettivo (per quanto complesso) possa essere definita intelligente.