Questa mattina la notizia ufficiale: la Commissione Europea ha multato Google per 2,42 miliardi di euro. Il dito è puntato contro le dinamiche di indicizzazione dei risultati sul motore di ricerca, in particolare quelle relative agli acquisti online, ritenute dall’organismo antitrust continentale vantaggiose per il servizio di comparazione prezzi gestito direttamente da bigG, a discapito della concorrenza.
L’accusa e la replica
Una sanzione salata, ancor più di quanto ipotizzato dalle voci di corridoio circolate in Rete nelle ultime settimane. Il gruppo è accusato di abuso di posizione dominante e di aver impedito ad altre imprese di competere in base ai loro meriti, ponendo così freno all’innovazione. Ancora, a Google viene imputato di aver negato ai consumatori europei la possibilità di scegliere in modo libero i servizi da utilizzare. Fin da subito l’azienda si è dichiarata “rispettosamente in disaccordo” con quanto stabilito dalla Commissione, ma ora giunge una replica più articolata, che reca la firma di Kent Walker (SVP e General Counsel).
Il post, condiviso sulle pagine del blog ufficiale, sottolinea come il primo obiettivo di Shopping sia quello di mettere in contatto le persone con le migliaia di inserzionisti che offrono i prodotti cercati, portando benefici ad entrambe le parti.
Riteniamo che la decisione della Commissione Europea sullo shopping online sottostimi il valore di mettere facilmente e rapidamente in connessione le parti. Sebbene alcuni siti comparatori vogliano naturalmente che Google li metta in mostra in maniera prominente, i nostri dati mostrano che le persone di solito preferiscono essere portate direttamente ai prodotti che vogliono e non a siti Web in cui devono ripetere le loro ricerche.
La difesa
In altre parole, la strategia difensiva di Google fa leva anzitutto sui vantaggi offerti, sia ai potenziali acquirenti che ai commercianti, da una vetrina integrata direttamente nella SERP (pagina dei risultati). In questo modo il processo viene velocizzato e non si costringe l’utente e ripetere la ricerca su un altro portale dedicato alla comparazione dei prezzi.
Riteniamo che i nostri attuali risultati di shopping siano utili e siano una versione nettamente migliorata rispetto alle pubblicità solo testuali che mostravamo una decina di anni fa. Gli annunci con foto, valutazioni e prezzi portano vantaggi a noi, agli inserzionisti ma soprattutto ai nostri utenti. E li mostriamo solo quando dal vostro feedback emerge che sono rilevanti. Migliaia di aziende europee che vendono online utilizzano questi annunci per competere con società più grandi quali Amazon e eBay.
Il riferimento diretto a due colossi come Amazon ed eBay è utile per porre l’accento su come questo tipo di dinamica favorisca l’emergere delle realtà più piccole e che altrimenti faticherebbero a competere con i giganti della grande Rete. Walker invita poi la Commissione Europea a considerare come la flessione del business registrata da alcuni siti comparatori nel corso degli anni sia imputabile a un normale processo di innovazione e alle dinamiche che regolano il mercato: qui bigG cita nuovamente Amazon, per molti ormai non più solo una piattaforma per gli acquisti online, ma anche un punto di partenza per le ricerche sui prodotti, al pari di Google.
Noi competiamo con Amazon e con altri siti per le ricerche legate allo shopping mostrando più informazioni utili sul prodotto.
Ora il gruppo ha a disposizione 90 giorni, termine entro il quale è chiamato a rispettare quanto stabilito. L’intenzione espressa dall’azienda è quella di analizzare nel dettaglio la decisione, considerando la possibilità di ricorrere in appello per difendere la propria posizione.