I divieti siano solo misura estrema, meglio conoscere il fenomeno e distinguere i lavoratori subordinati da quelli occasionali. Sono questi, in sintesi, i principi che la Commissione Europea ha raccomandato ai 28 stati membri a proposito dell’economia collaborativa. Un orientamento che sembra rivolgersi a due convitati di pietra, Airbnb e Uber, assai discusse piattaforme tecnologiche di pura remunerazione che hanno sconvolto il settore turistico e dei trasporti privati. Il messaggio di Bruxelles ai paesi più duri, come Spagna, Francia, il Belgio, l’Italia, è che forse il progresso può essere rallentato ma mai davvero fermato.
L’economia collaborativa sta crescendo rapidamente e, man mano che si diffonde nell’Unione, le autorità nazionali e locali stanno rispondendo con un insieme di interventi normativi troppo eterogenei. Così il governo politico europeo ha emanato delle linee guida che anche se non hanno valore giuridico potranno aiutare le aziende a difendersi da una legislazione nazionale o addirittura aprire una procedura di infrazione. Questo perché Bruxelles è stanca di ricevere ricorsi da parte di Uber, ad esempio, completamente chiusa in tre paesi -Spagna, Germania, Francia – e parzialmente chiusa in altri. Non si può imporre il divieto totale di queste attività se la ragione è proteggere i modelli di business esistenti, dice la Commissaria al Mercato Interno Elzbieta Bienkowska:
Se permettiamo al nostro mercato unico di frammentarsi a livello nazionale o persino locale, è l’Europa nel complesso che rischia di perderci. Gli orientamenti giuridici che forniamo oggi sono rivolti alle autorità pubbliche e agli operatori del mercato per lo sviluppo bilanciato e sostenibile di questi modelli imprenditoriali. Invitiamo gli Stati membri a riesaminare le loro normative nazionali alla luce di tali orientamenti e siamo pronti a sostenerli in questo processo.
#CollaborativeEconomy #SingleMarket: presenting @EU_Commission's guidance with @jyrkikatainen today in Brussels pic.twitter.com/8G203uLTFH
— Elżbieta Bieńkowska (@EBienkowskaEU) June 2, 2016
Le linee guida per la sharing economy
Nel quadro del mercato unico digitale, la Commissione Europea tutto vuole tranne stare a guardare mentre nascono (altrove o nei vuoti legislativi) delle economie parallele. Così ha elencato qualche principio che dovrebbe mettere tutti d’accordo. Sono cinque: requisiti, responsabilità, protezione degli utenti, rapporti di lavoro, fiscalità.
Di chi è la responsabilità. La Commissione incoraggia le piattaforme di collaborazione a continuare ad adottare azioni volontarie per la lotta contro i contenuti illeciti secondo il principio per cui possono possano essere esonerate dalla responsabilità per le informazioni che esse conservano per conto di coloro che offrono un servizio, ma non dovrebbero essere esonerate dalla responsabilità per qualsiasi servizio offerto dalle stesse, ad esempio quelli di pagamento.
Pratiche sleali. Un pallino del lato ecommerce del digital market. Gli stati membri dovrebbero garantire che i consumatori godano di un livello di protezione elevato dalle pratiche commerciali sleali, «senza però imporre obblighi sproporzionati ai privati che forniscono servizi solo occasionalmente». Sembra un assist per modelli come Blablacar, e somiglia allo spirito della proposta di legge italiana.
I rapporti di lavoro. La questione viene lasciata alla competenza nazionale ed è integrato dalla giurisprudenza e dagli standard sociali minimi dell’UE. La Commissione suggerisci agli stati di tenere presente un criterio come il rapporto di subordinazione con la piattaforma, la natura del lavoro e la retribuzione al momento di decidere chi può essere considerato un lavoratore subordinato di una piattaforma e chi no. Un tema molto importante.
Quale normativa fiscale si applica? Ovviamente anche i prestatori di servizi e le piattaforme dell’economia collaborativa sono tenuti a pagare le imposte sul reddito delle persone fisiche, delle società e l’imposta sul valore aggiunto. Gli Stati membri sono incoraggiati da queste linee guida a continuare a semplificare e a chiarire l’applicazione della normativa fiscale alla sharing economy.
12:30 CET #LiveOnEbS press conf w/ @jyrkikatainen & @EBienkowskaEU on #collaborativeeconomy https://t.co/P0BIU0PzXA pic.twitter.com/YO1bWWyRfM
— European Commission (@EU_Commission) June 2, 2016
Il commento di Uber
Uber, che con l’ultimo investimento dell’Arabia Saudita ha toccato una valutazione monstre di 68 miliardi di dollari, ha commentato con moderata soddisfazione la presa di posizione della Commissione Europea, che almeno ha ammesso che nessuno finora ha difeso i servizi dell’economia collaborativa contro restrizioni eccessive:
Nel mondo si stanno sviluppando delle nuove regole affinché autisti, passeggeri e città possano trarre pieni benefici da questi servizi. La Commissione europea ha richiamato gli Stati Membri a rivedere le regolamentazioni troppo restrittive che ne stanno impedendo lo sviluppo.
Tocca alle autorità nazionali
Che succederà ora? Di fatto, sono le autorità nazionali a interpretare l’orientamento europeo e possono spingere i governi locali a riesaminare e, se necessario, modificare la legislazione vigente in conformità a tali orientamenti. Tuttavia, basta citare l’esempio italiano, dove il Parlamento è insabbiato nella liberalizzazione dei trasporti a causa della pressione dei tassisti, per capire che l’orientamento europeo non basterà a passare dalle parole ai fatti.