Fino ad oggi le tecnologie legate all’intelligenza artificiale e ai sistemi di machine learning sono state perlopiù impiegate al fine di semplificare l’interazione tra l’uomo e la macchina, per interpretare il linguaggio (scritto o verbale) proprio dell’essere umano e talvolta per emularne il processo cognitivo come accaduto con AlphaGo di DeepMind. I responsabili del progetto The Next Rembrandt si sono spinti oltre.
Hanno portato le potenzialità dell’IA in un territorio dove l’estro e la creatività hanno sempre rappresentato valori insostituibili, impossibili da replicare o rimpiazzare con algoritmi: nel mondo dell’arte. Due anni di lavoro hanno condotto alla nascita dell’opera che è possibile osservare a fondo articolo, mentre il filmato in streaming di seguito ne illustra la genesi. Ad occuparsene sono stati Microsoft, ING e Delft University of Technology, in collaborazione con i musei Mauritshuis e Rembrandthuis.
Come punto di partenza, il team si è chiesto cosa identifica un dipinto come appartenente allo stile di Rembrandt, per poi mettersi alla ricerca di criteri di valutazione oggettivi, passando in rassegna le opere dell’artista olandese, in particolare i suoi ritratti. Ogni tela è stata scansionata e agli elementi contenuti sono stati associati tag specifici, così che un software potesse stabilire, ad esempio, con quali modalità l’autore era solito raffigurare i tratti somatici dei soggetti, l’angolazione dello sguardo, la posizione delle mani e così via.
Fin qui nulla che i sistemi di riconoscimento facciale o di analisi fotografica non abbiamo già fatto in passato. Il vero punto di forza del progetto consiste nell’aver creato un algoritmo capace di generare un’opera completamente inedita sulla base dello stile dell’autore di riferimento, senza alcun tipo di intervento umano, né correttivo né in fase di post-produzione. All’elaboratore è stato chiesto di “dipingere” un uomo di razza caucasica, di età compresa fra i 30 e i 40 anni, con lo sguardo rivolto verso destra, barba e baffi, mentre indossa vestiti di color nero, con un bavero bianco e un cappello. Il risultato è quello visibile di seguito.
Qual è il reale scopo del progetto? Non quello di replicare il lavoro del maestro olandese. Si tratta di un esercizio di stile, il cui obiettivo è dimostrare le potenzialità dell’intelligenza artificiale, un territorio che si è appena iniziato ad esplorare, con un’iniziativa che richiama alla mente quella messa in campo di recente da Google. I puristi possono comunque dormire sonni tranquilli: i sistemi IA e di machine learning non arriveranno a rimpiazzare la mano del pittore, almeno non nel breve periodo, certamente non finché i fruitori delle opere non decideranno di considerare come forme d’arte anche quelle generate da un freddo calcolatore.