Google non è l’unica azienda che effettua la scansione dei suoi servizi per individuare eventuali contenuti illegali. Anche Microsoft ha recentemente collaborato con le forze dell’ordine, segnalando un utente che conservava sull’account OneDrive le immagini di una giovane donna. L’uomo, poco più che ventenne, è stato arrestato Pennsylvania a fine luglio ed è in attesa del processo.
In base ai documenti pubblicati online da un sito specializzato, l’utente del servizio di cloud storage ha ammesso di aver ricevuto le immagini tramite Kik Messenger, così come di scambiare foto pedopornografiche con il suo smartphone. Microsoft ha scoperto che due immagini della giovane donna stavano per essere inviate via email, utilizzando un account live.com. Molti difensori della privacy ritengono che la scansione della posta elettronica o di altri contenuti conservati sui servizi online sia un abuso.
Nel contratto dei servizi viene però chiaramente evidenziato che “Microsoft adotta tecnologie per il rilevamento automatico di pedopornografia“. Questi termini d’uso vengono accettati dall’utente che effettua la registrazione, quindi il comportamento dell’azienda di Redmond è lecito. Come Google, anche Microsoft ha inviato la segnalazione al National Center for Missing and Exploited Children.
La tecnologia di scanning si chiama PhotoDNA ed è stata sviluppata circa cinque anni fa, proprio per ostacolare la diffusione di immagini di bambini. PhotoDNA crea una “firma” per ogni foto pedopornografica, simile ad un’impronta digitale. L’immagine viene convertita in bianco e nero, ridimensionata e scomposta in pezzi. Per ogni pezzo viene ricavato un istogramma che descrive le variazioni di intensità del colore. L’informazione ottenuta rappresenta il DNA della foto. Se viene trovata una copia della stessa foto su OneDrive, viene generato un alert e inviata la segnalazione all’autorità competente.
PhotoDNA viene usato anche da Google, Apple, Facebook e Twitter. Entrambi i casi emersi in questi giorni evidenziano che i servizi cloud non sono privati. Le tecnologie permettono di scoprire i pedofili, ma non sono perfette. Cosa potrebbe succedere se qualcuno riesce a copiare immagini pedopornografiche nell’account di un utente innocente?