Strasburgo ha pubblicato due raccomandazioni indirizzate al web, nello specifico ai motori di ricerca e ai social network. Ai primi si chiede soprattutto trasparenza, ai secondi rispetto della privacy. Anche dal Consiglio d’Europa viene dunque una pressione ai colossi della Rete, dopo quella della Commissione Europea, intenzionata a colpire i cyber criminali.
Che il vecchio continente stia vivendo una fase politica molto attiva sul fronte tecnologico è ormai evidente a tutti, anche se di certo non a tutti piacciono le proposte che nascono dai vari consessi (vedasi il caso della solenne ramanzina di Vint Cerf sul cosiddetto “diritto all’oblio”). In questo caso, le due raccomandazioni espresse dal Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa sono formalmente rivolte ai 47 Stati membri dell’organizzazione paneuropea e riguardano l’adozione di criteri più trasparenti di quelli in vigore utilizzati dai motori di ricerca per selezionare, ordinare o rimuovere le informazioni, e la sensibilizzazione degli utenti dei social network «attraverso un linguaggio chiaro e comprensibile sugli eventuali pericoli in materia di diritti umani». Lo stile originale di questi documenti risiede nel fatto che queste due tipologie di siti internet e i loro servizi sono visti nell’ottica delle convenzioni sui diritti umani fin qui firmati dai paesi membri e dello Statuto medesimo del Consiglio d’Europa.
Insomma, si potrebbe dire che Strasburgo parla a nuora perché suocera intenda. Le raccomandazioni, infatti, servirebbero a spronare i parlamenti e soprattutto i governi a relazionarsi con le società che gestiscono motori di ricerca e social network, ma non premendo per leggi nuove, bensì sostenendo che le convenzioni già firmate in passato costringono a prendere provvedimenti. La finalità è certamente nobile: aumentare il rispetto dei diritti umani, in particolare la libertà di espressione e l’accesso all’informazione, facendo presente che queste realtà contengono una mole enorme di dati personali degli utenti.
Secondo il consiglio, la deindicizzazione forzata dei contenuti in blocco non è la strada giusta, meglio un accordo che preveda la libertà del singolo cittadino di intervenire per ripulire il Web dai contenuti ritenuti sensibili. Insomma, un rafforzamento dei filtri individuali. Una strada che si considera già meglio avviata nei social network, nei quali sono visti altri aspetti critici, in particolare lo sfruttamento inconsapevole di questi dati per uso commerciale.
Il provvedimento del consiglio contiene una lunga serie di suggerimenti e di auspici, e qualche percorso da fare. Ad esempio, pone l’accento – ed è un’ottima cosa – sull’accesso ai servizi per le persone con disabilità. Contiene inoltre una serie di proposte per tutelare i minori, come ad esempio l’istituzione di sistemi più semplici e immediati (non solo user friendly ma anche family friendly) per la segnalazione di contenuti inappropriati o comportamenti illegali.