Tempo di cambiamenti per YouTube, o almeno questa sembra essere la tendenza che sembra intravedersi dalle parole che il vicepresidente di Google per la partnership sui contenuti, David Eun, ha rilasciato alla Reuters.
Eun ha parlato chiaramente di alcune importanti scommesse su contenuti che Google sta facendo per arricchire la proposta del proprio portale video, anche se l’attuale modello di business, unicamente improntato sull’advertising, non consentirebbe di migliorare l’offerta oltre una certa soglia, lasciando intendere come, in futuro più o meno prossimo, BigG potrebbe anche rivedere il sistema sul quale si basano le entrate derivanti da YouTube.
L’idea potrebbe quindi essere quella di portare YouTube ad un nuovo e più alto livello nello scenario televisivo di un futuro non proprio remoto, quello scenario che si va configurando sempre più come una “commistione” naturale tra TV e Web, inteso non più come piattaforma fruibile su PC o apparecchi “alternativi” come smartphone e simili, ma proprio come sistema di trasmissione al pari di quelli tradizionali, obiettivo raggiungibile grazie alla diffusione di nuovi apparecchi come il CuboVision di Telecom Italia presentato oggi, apparecchi che annullano il confine tra Internet e TV concentrando le due piattaforme in un’unica soluzione hardware.
A questo punto il pubblico di YouTube cambierebbe e ciò porterebbe il portale video ad affacciarsi ad un tipo di utenza più interessata a contenuti di qualità che a prodotti “user generated” di qualità spesso relativa, con la conseguenza che anche l’offerta dovrà essere capace, se non di stravolgersi, almeno di adattarsi e di integrare al proprio catalogo contenuti più appetibili e adatti alle esigenze del nuovo pubblico.
Da ciò nascerebbe pertanto la necessità di affiancare all’attuale modello free l’accesso a pagamento, riservato proprio a quella parte di contenuti “premium” come film di recente uscita e in alta definizione, o altri eventi di un certo interesse generale, ad esempio.
Per lo YouTube del futuro i ricavi provenienti dalla sola pubblicità, seppur in netta crescita rispetto al passato, potrebbero non essere sufficienti insomma e ciò renderebbe necessario trovare nuove fonti di reddito proprio nell’introduzione di un modello pay.
Questa strada troverebbe probabilmente l’approvazione delle varie major dell’industria dell’intrattenimento, finora apparse non proprio entusiaste per quanto concerne i modelli di business unicamente fondati sulla raccolta pubblicitaria proveniente dalla distribuzione gratuita dei contenuti.
Non sarebbe una rivoluzione quindi, ma non sarebbe nemmeno una novità così marginale da passare in sordina. D’altronde l’evoluzione digitale è cominciata e gli equilibri precostituiti nei due mondi, quello televisivo e quello del Web, rischiano di essere messi in discussione da questa reciproca “invasione di campo”: resterà in piedi chi saprà adattarsi meglio e Google, che della dinamicità ha fatto la sua filosofia, non sembra voler restare a guardare le mosse dei concorrenti.