Doveva essere il primo vero grande passo verso la pa digitale, e dopo i primi tentennamenti, potrebbe in effetti esserlo. Il rapporto pubblicato dall’Osservatorio Fatturazione Elettronica e Dematerializzazione della School of Management del Politecnico di Milano, presentato nei giorni scorsi, snocciola qualche numero e soprattutto incoraggia chi finora era stato vinto dalla perplessità: 22 mila enti pubblici e 7,7 milioni di fatture elettroniche già trasmesse sono una buona base.
All’#OFED15 si sono riuniti tutti i soggetti coinvolti nella rivoluzione iniziata lo scorso 31 marzo, che ha innescato una specie di enforcement nella pubblicazione amministrazione rispetto alla ricezione delle fatture dei propri fornitori, a loro volta coinvolti. Quasi impossibile riassumere tutto quanto raccontato durante il convegno, partito dai dati illustrati da Alessandro Perego, responsabile scientifico dell’Osservatorio, anche perché spesso contradditori. Ad esempio, il raffronto tra l’elenco dei fornitori delle pa e coloro che fino ad oggi hanno spedito con fattura elettronica è incoerente: solo 300 mila imprese hanno già inviato una fattura elettronica, quando sono circa 2 milioni i fornitori attesi. Al contrario, c’è molto più fermento, per ora, sul lato dell’offerta, con oltre 200 provider di soluzioni e servizi anche molto diversi tra loro. Una complicazione burocratica che ha creato un mercato?
Un processo digitale
In realtà, secondo il lunghissimo (186 pagine) e dettagliato studio dell’osservatorio, il processo di innovazione digitale all’interno della PA è stato innescato e con numeri positivi. Man mano che si va a regime diminuiscono anche i problemi e i casi irrisolti. Da quando è scattato l’obbligo per le pubbliche amministrazioni, 42 mila uffici sui 53 mila totali hanno ricevuto 7,7 milioni di fatture già trasmesse al Sistema di Interscambio e il tasso di scarto (indicatore utile a misurare l’efficacia del sistema) si è progressivamente ridotto fino a raggiungere il 10% del totale nel mese di maggio, rispetto ai valori tra il 20% e il 17% dei due mesi precedenti. Il sistema si va assestando verso 50 milioni di fatture che ogni anno i fornitori invieranno alle Pubbliche Amministrazioni loro clienti. La differenza tra i fornitori che hanno già spedito questo tipo di fattura e gli altri sta nella continuità, le aziende che lavorano con le pa non sono più di centomila, averne quindi già tre volte di più dà ragione a chi crede in questo sistema.
Ecco come la #FatturazioneElettronica verso la PA può innescare l'evoluzione digitale del Paese #OFED15 pic.twitter.com/bCYSfaB0gv
— Osservatori Digital (@Osserv_Digital) June 19, 2015
Secondo i ricercatori che hanno lavorato allo studio, con la pa digitale si entra in un business migliore anche per le aziende, che sono stimolate a rivedere in chiave digitale i processi interni di gestione delle fatture, scoprendo poi che la fatturazione offre benefici economici per le imprese tra i 6 e gli 8,5 euro per ogni fattura inviata. Il vantaggio calcolato dalla completa dematerializzazione dovrebbe arrivare a 25-65 euro di risparmio a ciclo di ordine / fatturazione /consegna /pagamento. Qui si gioca molto dell’aspetto immediamente comprensibile del cambiamento e anche il passaggio ulteriore che andrebbe promosso – e che nella legge non poteva essere obbligatorio – cioè l’adozione anche nel business-to-business. «Un passo importante, anche se complesso da rendere effettivo», ha raccontato Perego, «facendo leva su incentivi orientati alla semplificazione e alla sburocratizzazione». Ovviamente un paese come l’Italia che si trova nel giro di due anni a passare da 5000 fatture elettroniche a 300 mila e potenzialmente 50 milioni può fare passi da gigante sulla tracciabilità e sulla spinta all’innovazione nelle piccole e medie imprese.
Gli esempi locali
Si sono inventati anche un “Premio Fatturazione Elettronica”, consegnato dal Politecnico con il patrocinio dell’Agenzia per l’Italia Digitale. I premiati sono l’AO “Istituti Ospitalieri” di Cremona, l’AOU di Bologna – Policlinico S.Orsola-Malpighi, l’AUSL di Reggio Emilia, l’AULSS 9 di Treviso, i Comuni di Anzola dell’Emilia, Codogno, Bari, Prato e Gela, le Regioni Lombardia, Piemonte, Lazio, Marche e Basilicata, l’AIPo, la Camera di Commercio di Milano, l’ANAS, Intercent-ER – Regione Emilia Romagna. Per ragioni diverse, questi enti rappresentano delle buone pratiche, quindi testimonial perfetti per la promozione di questo percorso. Il loro merito sta nell’aver interpretato la fatturazione come digitalizzazione ee quindi un’opportunità di miglioramento, invece di un nuovo adempimento. Ci sono comuni che hanno anticipato la normativa, agenzie che hanno fatto un grande lavoro di orientamento, aziende che hanno rivisto profondamente il flusso delle fatture approfittandone per una revisione dei processi interni coinvolgendo i dipendenti.
Lo sviluppo dell’offerta: Bpo, telco, banche, startup
L’obbligo di fatturazione elettronica verso la pa ha portato fermento anche nel mercato dell’offerta di questi servizi. Si è creato un intero nuovo settore, piuttosto frammentato e interessante. Dei 200 provider in maggioranza, nel 32,5% dei casi, si tratta di fornitori di soluzioni di gestione elettronica documentale e Business Process Outsourcing (BPO), seguiti dai fornitori di gestionali che hanno sviluppato nuovi strumenti per “adattare” i prodotti esistenti a gestire anche la e-fattura (21%). Il 10% poi è costituito da fornitori di servizi a supporto delle relazioni B2b e un altro 10% sono startup focalizzate sulla fatturazione elettronica. Sono presenti anche operatori bancari (7%) che integrano l’offerta con i sistemi di pagamento e a volte propongono soluzioni di finanziamento innovative, operatori postali e i System Integrator (5%). Non mancano poi le autorità di certificazione, le Telco e i fornitori di servizi di intermediazione amministrativo-fiscale, che complessivamente arrivano al 7% dei provider.
Le differenze di prezzo per singola fattura sono altissime, e c’è chi approfitta della scarsa informazione. Per questo è caldamente consigliato di fare scouting delle offerte e nel caso di esigenze minime affidarsi ai prodotti gratuiti del Consip, delle camere di commercio, di alcuni commercialisti associati.