Il MMORPG per definizione, World of Warcraft, una decina di anni fa fu colpito da un’epidemia dalle caratteristiche molto simili a quelle del coronavirus chiamata “Corrupted Blood”.
Nello specifico, i giocatori – che all’epoca erano circa 12 milioni (solo quelli attivi) – si trovarono di fronte ad un bug che rese accessibile a tutti un’area del gioco riservata solitamente ai soli giocatori d’élite. E in quella zona c’era un virus, chiamato Corrupted Blood, letale soprattutto per i personaggi più deboli di costituzione.
Ma la cosa che colpisce di più è che il comportamento di questo virus – e la reazione dei giocatori – ha molti punti in comune con il coronavirus e quello che sta accadendo oggi nel mondo. A partire dagli asintomatici: alcuni personaggi di WoW particolarmente forti erano stati contagiati dal virus ma senza alcuna conseguenza e così, ignari di ciò, hanno continuano a spostarsi per il mondo di gioco infettando tantissimi giocatori. Venivano chiamati “super-spreader” (super-diffusori).
I personaggi guaritori – i cosiddetti healer – si sono recati nell’epicentro dell’epidemia per aiutare i personaggi malati, proprio come gli eroici medici e infermieri che ogni giorno sono lottano in prima linea per aiutare i malati di coronavirus. Anche loro però sono finiti per ammalarsi.
Nonostante la diffusione del virus, tantissimi giocatori continuavano a svolgere le loro attività come niente fosse e così si è deciso il total reset dei server. Ovviamente quello era solo un videogioco e il nostro non vuole essere un parallelo irrispettoso ma, anzi, vuole far notare come – virtuale o reale che sia – il comportamento delle persone si è rivelato molto simile. Purtroppo le conseguenze in un videogioco sono ben lontane da quelle che stiamo vivendo oggi, e quindi l’invito è sempre lo stesso: restate a casa.